Dall'antica Grecia ai nostri giorni

Storia dell'igiene: quando i medici sconsigliavano di fare il bagno

Storia dell'igiene: quando i medici sconsigliavano di fare il bagno
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La distinzione tra sporco e pulito è molto vicina alla distinzione tra puro e impuro, mondo e immondo. L’antropologia fa notare che il concetto di “sporcizia” non è uguale per tutti i popoli e la storia delle religioni ci dice lo stesso. In generale, però, l’esigenza di pulizia accumuna tutti, e non solo gli esseri umani. Anche gli animali provvedono a tenersi lindi. I gatti si leccano il pelo, gli elefanti si spruzzano acqua con la proboscide, mentre gli scimpanzé si puliscono a vicenda il pelo. La pulizia è un’esigenza naturale, istintiva.

 

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Greci e Romani. Fin dai tempi in cui l’uomo viveva nelle caverne, “fare le pulizie di casa” era una delle mansioni quotidiane. Togliere gli avanzi di cibo e i rifiuti dal luogo in cui si dormiva era un gesto spontaneo, così come lo è oggi il controllare che il proprio aspetto sia accettabile e che non si emanino cattivi odori. Certo, gli strumenti igienici utilizzati sono cambiati e non tutte le civiltà ricorrevano agli stessi mezzi. I Greci e i Romani, ad esempio, non usavano il sapone. Per pulirsi ricorrevano a uno strumento di legno che raschiava la pelle, un modo un po’ rudimentale per togliere polvere e sporcizia. Facevano però anche frequenti bagni e i più ricchi si ungevano con oli profumati.

Metodi di pulizia urbana nel mondo antico. A Atene esisteva un comitato di persone che aveva il compito di sovrintendere ai lavori dei coprologi, gli “operatori urbani” dell’antichità. Costoro toglievano i rifiuti dalle strade e li portavano ad almeno due chilometri dalla cinta cittadina, per evitare accumuli e conseguenti infezioni. A Napoli, poi, i Greci avevano creato cisterne e reti idriche per tenere pulito il centro. E i Romani, che dire, sappiamo tutti che erano dei maestri quando si trattava di costruire acquedotti e terme. Due millenni fa, Roma aveva 11 acquedotti che garantivano il rifornimento d’acqua a più di un milione di abitanti. A Pompei, invece, sono state trovate delle anfore che venivano date ai viandanti come pitali. Ciò serviva sia a mantenere pulita la città sia a rifornire conciatori e tintori di una materia prima preziosa. L’urina, infatti, era impiegata per trattare le pelli, dato il suo alto contenuto di ammoniaca, e l'imperatore Vespasiano vi impose perfino una tassa. Pecunia non olet, I soldi non puzzano, disse l’imperatore a chi protestava.

 

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L’acqua fa male alla salute (e gli arabi usavano il sapone). Il Medioevo non badò molto all’igiene e anche in seguito, dal Rinascimento fino all’Illuminismo, i bagni non venivano apprezzati granché. L’uso dell’acqua per la pulizia personale era sconsigliato dai medici, perché si sosteneva che il bagno aprisse i pori della pelle e facilitasse l’ingresso delle malattie. Se qualcuno si lavava, doveva riposare per tutto il giorno successivo. Si credeva infatti che il bagno indebolisse il corpo. Per evitare i cattivi odori si usavano i profumi e per pulire la pelle ci si strofinava con crusca, sabbia e cipria. Gli indios dell’Amazzonia, invece, curavano l’epidermide con la cenere e si gettavano in acqua, mentre gli Arabi usavano già il sapone, a base di soda caustica.

Ricchi e poveri, “puro” e “impuro”. A incidere sull’igiene non era soltanto la cultura. Anche il ceto sociale contava (e conta) molto. Le differenze cominciarono a notarsi con l’avvento della Rivoluzione industriale. Nella Londra dell’Ottocento, ad esempio, c’erano interi quartieri appestati da miasmi terribili. Soho venne devastato da un’epidemia di colera a causa della sporcizia delle strade e dell’inquinamento industriale, ma il disastro fu tollerato perché considerato un effetto collaterale del progresso. Oggi, gli Stati Uniti hanno la discarica più grande del mondo, mentre nell’India più povera gli escrementi non vanno nella fogna, ma si accumulano in casa, e gli “intoccabili” (soprattutto donne giovani) devono togliere le feci dalle strade, a mani nude. Si crede che non possano esserne danneggiati, perché sono già sporchi. Considerare “impura” una categoria particolare di persone non è una caratteristica esclusiva dell’induismo. La tradizione giudaico-cristiana considerava “immonde” le puerpere (soprattutto di figlie femmine) e i lebbrosi.

 

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Prescrizioni religiose. Ci sono anche dei cibi “sporchi”: si pensi al maiale per la tradizione ebraica e islamica, che peraltro prescrivono dei metodi di macellazione particolari. I cristiani, invece, trasferirono il concetto di “immondo” dal cibo all’anima macchiata dal peccato. Le restrizioni alimentari imposte dalle religioni hanno comunque una ragione storica e geografica. Come ha spiegato l’antrologo George Harris, nel libro Buono da mangiare, allevare maiali in Medio Oriente avrebbe procurato un grandissimo danno ai pascoli aridi dei Giudei, dato che i suini scavano e sradicano tuberi e piante, accelerando l’erosione del terreno. Nell’Europa centrale e settentrionale, così come in Cina, il problema non si poneva. Le foreste, soprattutto i querceti, limitavano l’impatto ambientale dei maiali, che venivano allevati in gran numero.

L’aiuto della scienza. Lo sviluppo scientifico ha risolto definitivamente i dubbi su ciò che è effettivamente “sporco” e nocivo per la salute. I primi passi verso condizioni igieniche migliori furono fatti con la scoperta dei batteri e l’uso del fenolo, grazie a Joseph Lister, l’inventore del metodo antisettico. Il chirurgo Joseph Lister, arrivato a Glasgow nel 1861, aveva notato che il 90 percento dei casi di fratture finiva con l’amputazione e che molti pazienti morivano di febbre post-operatoria, per infezione. La cancrena, però, raramente si presentava fuori dagli ospedali, dunque doveva dipendere dall’uso di materiali non puliti, come fasciature usate, ferri chirurgici e le stesse mani dei medici. Quando poi Pasteur dimostrò che la bollitura è in grado di fermare la fermentazione, Lister ebbe l’idea di usare il fenolo, un deodorante per le fogne, per bloccare la putrefazione degli arti. L’esperimento ebbe successo e i risultati furono pubblicati su The Lancet, nel 1867. Era nato il metodo antisettico, a gran beneficio dei malati di tutta Europa.

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