«Perché non posso vedere mio marito?». Dalmine, storia di una quarantena a lieto fine
Il figlio Stefano, presidente Cral, racconta i giorni di preoccupazione con il padre malato di Covid. Lo hanno curato a casa, con l’ossigeno. Dopo 61 anni di matrimonio, tenere i coniugi lontani è stato difficile. «Hanno ripreso a condividere piccoli momenti e lei è contentissima»
di Marta Belotti
«È stata una battaglia condivisa. Il nostro lieto fine ha reso felici tutti. Questo virus ci sta mettendo davanti alle stesse paure e vedere un signore di 88 anni riuscire a rimettersi in forma può essere un messaggio di speranza per chiunque». Con queste parole, Stefano Cortinovis, presidente del Cral di Dalmine, ricorda come sia stata proprio la vicinanza di parenti, amici, vicini di casa e di tutti i ragazzi del basket a dargli la forza e l’ottimismo necessario ad affiancare il padre nei giorni della malattia. Dopo 35 giorni senza febbre, ora si può dire che Giovanni Cortinovis, classe 1932, ha sconfitto il virus; e la sua vittoria è stata di tutti.
«Credo che la sua vicenda possa essere un’iniezione di ottimismo per chi sta vivendo la propria battaglia. Tutto è iniziato il 16 marzo, quando mi è arrivata una telefonata» inizia a raccontare Stefano, con la serenità di chi narra una storia della quale conosce il lieto fine. «Mio papà mi chiedeva di andare da lui, perché era caduto e si era fatto un taglio in testa. Speravo non fosse nulla di troppo grave, perché erano i giorni di picco dell’epidemia e mai avrei voluto portare un uomo anziano in un posto ad altissimo rischio di contagio. Quando sono arrivato a casa dei miei, ho scoperto che il problema non era il taglio. Mio padre si era ferito cadendo, perché non riusciva più a reggersi in piedi. Aveva febbre e i sintomi tipici del Covid».
Dal semplice taglio al Coronavirus, il viaggio di Stefano ha subito una forte inversione di rotta. «Ho deciso di fermarmi a casa di mio papà per assisterlo. Ormai ero andato io a controllare per il taglio e, per quanto consapevole che avrei dovuto rinunciare per molto tempo agli affetti della mia famiglia, ho deciso di rimanere ad aiutarlo. Devo ringraziare tantissimo la medico di base Rosaria Marchisio e gli operatori del 118. La prima notte mio padre si è aggravato e ho deciso di chiamare l’ambulanza. I volontari arrivati sul posto e quelli della centrale operativa mi hanno consigliato di curarlo in casa. Sono stati gentilissimi. Io ho fatto tante domande e mi è stato spiegato tutto con calma e disponibilità».
Mentre Stefano era chiuso in casa con i genitori, i fratelli si sono sparsi sul territorio alla ricerca delle medicine e delle agognate bombole d’ossigeno...