Chi ha ucciso le tre suore?
Con l’arresto nei giorni scorsi di Christian Claude Butoyi, con tanto di aperta confessione, sembrava che si fosse già chiuso il caso di Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernadetta Boggian, le tre suore missionarie saveriane massacrate nell’arco della giornata di domenica 7 settembre presso il loro convento a Bujumbura, capitale del Burundi. L’uomo infatti avrebbe dichiarato alla polizia la propria colpevolezza, indicandosi come autore di violenza sessuale e omicidio nei confronti delle tre donne. Caso archiviato, dunque. Per le forse governative burundesi sì, ma per l’ambiente delle suore saveriane e della diocesi di Parma decisamente no.
La ricostruzione dei fatti. Stando alle dichiarazioni della polizia africana, Butoyi si sarebbe introdotto nel convento domenica pomeriggio, con l’intento di uccidere le tre religiose colpevoli, a suo dire, di aver edificato le proprie strutture su terreni appartenenti alla sua famiglia. Non appena ne ha avuto la possibilità, si sarebbe avventato su Lucia Pulici e Olga Raschietti, sgozzandole e – parrebbe - abusandone.
Non è ancora chiaro se nelle successive ore Butoyi sia rimasto nascosto all’interno del convento oppure vi sia ritornato in tarda notte (e il fatto che sia stato arrestato in possesso delle chiavi degli alloggi delle suore farebbe propendere per questa seconda opzione); all’una di notte si sarebbe introdotto nell’appartamento di Bernadetta Boggian e l’avrebbe uccisa con particolare accanimento (si è trattato infatti di decapitazione). Il corpo senza vita di quest’ultima è stato ritrovato poco dopo da padre Pulcini, superiore dei missionari saveriani in Burundi.
La polizia ha trovato e arrestato il presunto colpevole in pochissimo tempo: Butoyi infatti avrebbe rubato un cellulare dagli appartamenti delle suore e l’avrebbe venduto già il giorno dopo ad un ignoto acquirente; quest’ultimo, accortosi di chi fossero le vere proprietarie del telefono grazie alla presenza di alcuni sms, ha subito sporto denuncia, permettendo la cattura di Butoyi. Dunque, in conclusione: un unico assassino, con movente di carattere personale o di furto (il cellulare).
Una trama che convince poco. Ma negli ambiti saveriani e della diocesi di Parma, da cui le tre donne provengono, ci sono ancora parecchi dubbi e perplessità. In primo luogo, sembra veramente difficile che tutto quanto sia stato architettato ed eseguito da una sola persona: la possibilità di aver avuto accesso al convento, per ben due volte nell’arco di 12 ore, e la doppia fuga sia pomeridiana che notturna senza alcun tipo di problema benché tutto il circondario fosse in allarme già dal pomeriggio costituiscono forti indizi per giustificare una collaborazione quantomeno esterna da parte di altri soggetti. In secondo luogo, il movente del furto sarebbe decisamente da scartare: per quale motivo infatti Butoyi avrebbe rubato il cellulare ma non avrebbe preso i soldi presenti negli appartamenti delle tre donne?
Per non parlare della mancata protezione da parte della polizia: dopo i due omicidi del pomeriggio infatti, il convento avrebbe dovuto essere sorvegliato da diversi agenti nelle ore successive; ma questo non è avvenuto, tanto che l’assassino ha avuto la possibilità di infiltrarsi nuovamente negli appartamenti già la stessa notte, per compiere la terza mattanza. Una cosa decisamente incomprensibile, a maggior ragione per il fatto che già dal pomeriggio Butoyi si sarebbe appropriato delle chiavi, cosa che ancora di più avrebbe dovuto giustificare una strettissima sorveglianza.
Infine, secondo altre perizie realizzate dalla missione, le suore non sarebbero state violentate, come invece ha riferito la polizia sulla base della testimonianza di Butoyi; un’incongruenza grave, che non può essere ignorata.
Tutto sembra ancora particolarmente oscuro, dunque, sia rispetto alle persone implicate che rispetto al movente. La questione è tutt’altro che chiusa.