C’è anche un avvocato 67enne monzese tra gli indagati per una tentata estorsione, ai danni del proprietario di una ditta di autotrasporti di Azzano San Paolo. Il mandante sarebbe un 46enne di Nembro, originario della Calabria, con precedenti penali e attualmente in carcere.
La situazione, come riportato oggi (giovedì 11 settembre) dal Corriere Bergamo, era arrivata a un punto tale che la vittima, scampato anche a un’aggressione a opera di picchiatori davanti alla sua villetta di Brembate Sopra, si era rivolto ai carabinieri, facendo partire un’inchiesta che aveva portato, già a marzo scorso, a un blitz con cinque soggetti in cella.
Il falso debito
Il civilista, trapiantato al Nord ma di origini napoletane, si trova adesso agli arresti domiciliari: per gli inquirenti, avrebbe contattato nel maggio 2024 il titolare della ditta di Azzano, millantando un presunto debito di un milione e trecentomila euro che il padre dell’imprenditore, fondatore dell’azienda, avrebbe contratto nel 2015 con il suo cliente calabrese. A riprova di ciò, il legale avrebbe avuto un foglio, con un testo scritto dal genitore nel 2015 in cui attestava di aver ricevuto la somma del 46enne di Nembro. Un documento che, però, per chi indaga sarebbe falso, creato ad hoc per mettere in piedi il piano criminale.
Siccome la vittima della tentata estorsione si era rifiutato di cedere, il novembre successivo, mentre l’imprenditore aveva aperto il cancello della sua villetta per uscire a bordo del minivan con il figlio adolescente, erano penetrati all’interno tre soggetti. Armati di bastoni, per gli inquirenti erano stati mandati per intimidire l’uomo, dato che si era rifiutato di pagare.
Lui, però, con una disperata manovra in retromarcia era riuscito a scampare ai suoi aguzzini. All’inizio aveva denunciato ai militari dell’Arma l’episodio pensando a una tentata rapina, ma delle telefonate minatorie arrivate nel periodo seguente gli avevano fatto collegare i due episodi.
Una vicenda intricata
Le chiamate minacciose erano poi terminate quando, partita l’indagine, erano scattate le prime perquisizioni. Per la Procura, l’avvocato avrebbe preso parte attiva nel disegno criminale del suo assistito, in quanto avrebbe presentato una prova falsa (il finto foglio scritto dal padre dell’imprenditore) e, a maggio 2025 dopo dei colloqui in carcere con il suo cliente, avrebbe mandato delle raccomandate sia alla vittima, che alla madre e alla sorella, pretendendo che il denaro venisse dato al calabrese.
L’ex compagno della sorella del titolare della ditta, tra l’altro, avrebbe ricevuto la visita di quest’ultimo insieme a un altro individuo poco raccomandabile, ora pure lui dietro le sbarre, come gli autori dell’agguato. Oggi pomeriggio ha avuto luogo l’interrogatorio del civilista, che si dichiara del tutto estraneo alle accuse.