L'intervista

«Ha tentato di uccidere il figlio perché maltrattata dal marito»

«Ha tentato di uccidere il figlio perché maltrattata dal marito»
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«Chi le ha messo in mano il coltello è stato il suo maltrattatore, è stata l’impossibilità di avere una casa, è stata la fatica e la fragilità di chi deve combattere ogni giorno per sopravvivere, senza trovare risposte». Milva Facchetti, presidente della «Casa delle donne» di Treviglio, sodalizio che si prende cura di chi subisce maltrattamenti in famiglia, ha deciso di dire la sua sul caso della mamma 28enne che, lo scorso 1 aprile, ha tentato di uccidere il figlio di neanche due anni e di suicidarsi. E lo ha fatto rivelando cosa c’era dietro quel raptus improvviso che ha guidato la mano armata di coltello della giovane.

 

 

«Si è presentata nella nostra sede per chiedere aiuto, lavoro e casa - ha raccontato Facchetti - Chiedeva a gran voce ciò di cui tutti gli individui, uomini e donne, hanno bisogno per sopravvivere. Non ci risulta, come riportato dalla stampa, che da “quindici giorni“ avesse deciso di separarsi. Il suo racconto è stato diverso. Quella ragazza aveva incontrato il maltrattamento, il mostro viveva in casa ed era il padre di suo figlio. La relazione era diventata nel tempo insopportabile e, sempre più, le botte erano la quotidianità per lei e per il suo piccolo».

A quanto risulta all’associazione, le liti erano giornalieri e appena il compagno è ritornato per un periodo nel suo paese d’origine, lasciandola senza sostentamento, la donna avrebbe deciso e preso il coraggio necessario per denunciare, assistita in gratuito patrocinio da uno studio legale di Bergamo. «Purtroppo - ha proseguito Milva Facchetti - il ritorno anticipato del marito l’aveva fatta spaventare al punto tale da spingerla ad abbandonare la casa. Abbiamo avuto modo di condividere più di una volta con lei, quanto brava fosse stata, quanto coraggiosa e forte, ma le sue preoccupazioni erano molte. Grazie all’attenzione di un prete del nostro territorio, la ragazza aveva trovato una casa, ma questo non significava uscire dal maltrattamento. Quell’uomo certamente non si sarebbe accontentato di un cambio di residenza e non escludiamo che possa aver proseguito i suoi maltrattamenti». In base alla «Convenzione di Istanbul» le denunce delle donne hanno una corsia preferenziale e i tempi d’attesa non devono superare i sei mesi, ma in questo tempo, se mancano una casa e un lavoro, spesso le donne restano a casa con l’«orco». E, probabilmente, la 28enne trevigliese non ha retto il peso di questa situazione. Ed è arrivata a compiere il gesto peggiore per una madre.

«Tutte le volte che l’abbiamo incontrata, il suo piccolino era con lei - ha sottolineato Milva Facchetti - Abbiamo visto una mamma che aveva occhi solo per lui e, come sempre capita, la volontaria dell’accoglienza ha fatto leva su ciò. Le nostre donne sanno fare delle enormi fatiche per i loro figli e Anna pure. Siamo certe che Anna ha fatto un gesto molto discutibile, ma siamo assolutamente sicure che chi le ha messo in mano il coltello è stato il suo maltrattatore e la mancanza di risposte ai suoi gravi problemi». Quindi l’appello al territorio per combattere tutti insieme questa piaga sociale. «Ci rivolgiamo ai proprietari di case, che magari sono sfitte, ai datori di lavoro ma anche al sindacato, alla politica, all’Amministrazione Comunale - ha concluso la presidente di “Casa delle donne” - perché si possa fare ancora di più. Crediamo sia venuto il momento di mettere a tema “la disperazione della gente”. Certamente la crisi ci ha colpito, ma ci ha anche paralizzato nelle idee e nella capacità di affrontare la complessità dei giorni nostri e di dare risposte. Lavoro, casa, povertà ci sono anche nella nostra bella Treviglio; noi ci siamo e sarebbe davvero importante fermarsi “a pensare” al tanto che dobbiamo fare».

 

 

Madre e figlio salvi per miracolo. Due coltellate al collo e una al petto del figlioletto. Poi l’arma rivolta verso sé stessa nel tentativo di togliersi la vita. Risale all’1 aprile l’episodio drammatico durante il quale una mamma 28enne, residente dal 2015 a Treviglio, ma originaria di Cavenago (Mb), aveva tentato di uccidere il figlio di nemmeno due anni. Come se fosse in trance, rinchiusa nell’abitacolo della sua auto, aveva impugnato un coltello da cucina e sferrato diversi colpi verso il piccolo. Solo per un un puro miracolo entrambi si sono salvati, forse perché la ragazza dentro di sé non voleva arrivare a tanto. A spingerla, secondo quanto aveva poi riferito ai carabinieri, sarebbe stato il rapporto deteriorato con il marito, un 37enne originario della Costa D’Avorio, da cui era in fase di separazione e che l’avrebbe maltrattata in diverse occasioni. Ad aggravare il tutto, poi, la situazione lavorativa precaria. Il «Burger King» di Caravaggio, dove da poco la 28enne era impiegata come commessa, non le aveva rinnovato il contratto. Una serie di eventi che devono però averla portata sull’orlo della disperazione se era arrivata al punto di farla finita e di togliere la vita alla persona a lei più preziosa.

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