Ti piace l’insalata? Sei un pazzo (La crociata del Washington Post)

Ti piace l’insalata? Sei un pazzo. È l’incipit di un articolo apparso sull’autorevole giornale inglese The Guardian qualche giorno fa. Ed è solo uno dei tanti giornali dalla stampa estera che riprendono, a loro volta, un articolo del Washington Post, vera e propria invettiva contro l’inflazionato alimento simbolo del vegetarianesimo e del salutismo.
La teoria del Washington Post si basa sostanzialmente sul fatto che i benefici apportati dall’insalata al nostro corpo siano decisamente sopravvalutati. Perché di nutrimenti ce ne sono ben pochi, e le foglie contengono perlopiù solo acqua. Addirittura, se si mettono a confronto un cespo di lattuga iceberg, quella bella fresca e croccante, e una bottiglia di acqua Evian, il contenuto di acqua è pressoché lo stesso (96 percento contro il 100 percento) e l’insalata è, di fatto, solo marginalmente più nutriente: perché, nel 4 percento che rimane, c’è un solo grammo di fibra, equivalente a un quarto delle fibre contenute in una mela e solo a un decimo del fabbisogno giornaliero di vitamina A e C. Il prezzemolo, ed esempio, ha un contenuto di vitamina A di quasi quattro volte rispetto a quello della lattuga e di vitamina C otto volte superiore a quello della rucola (che a sua volta, peraltro, ne è molto più ricca rispetto alla lattuga). Se consumata fuori stagione, poi, il già basso apporto nutrizionale si azzera del tutto. Insomma, l’insalata non offre quasi niente.
Molto meglio, quindi, mangiare tutte quelle verdure di stagione, possibilmente a chilometro zero, che danno più nutrimenti, meno acqua e più gusto. Anche perché spesso questo cibo così decantato da chi è attento alla forma fisica porta a fare scelte stupide in fatto di dieta, squilibrate da un punto di vista nutrizionale. Anche l’insalata che viene servita al ristorante il più delle volte viene caricata di calorie, tra sale, olio e condimenti vari che abbondano e ingannano il palato.
Lungi dal voler avviare una crociata contro l’insalata, in realtà il Washington Post vuole mettere in guardia dagli eccessi. Perché, se è vero che l’alimentazione deve essere equilibrata e attenta alla salute, è altrettanto vero che non si può eleggere l’insalata a cardine del salutismo. Anche perché, di fatto, ha tutte le carte in regola per essere considerata un dispendioso lusso. Sotto molti punti di vista. Se si guarda l’ambiente, le coltivazioni di insalata richiedono uno spreco di risorse che il pianeta non può più permettersi, soprattutto a fronte dell’aumento della popolazione mondiale. Perché coltivare l’insalata - tuonano le colonne del Washington Post - fa sprecare superficie di terra preziosa. E per spedirlo in giro per il mondo e mantenerlo al fresco è necessario carburante fossile. Quindi, conclude Tamar Haspel, l’editorialista americana che cura la rubrica sull’intersezione tra scienza e cibo dopo aver scritto per vent’anni di salute, «forse dovremmo smettere di pensare all’insalata come un alimento di base sano, e cominciare a pensarla come a uno avido di risorse di lusso».
Ad essere messa sotto accusa è in particolare l’insalata in busta, quella che gli addetti ai lavori chiamano “quarta gamma”, che, se messa a confronto con un cespo di lattuga appena raccolto dal contadino, non ha nulla a che vedere. Prima di tutto perché il gusto è tutt’altra cosa, e poi perché le varie fasi di lavorazione industriale fanno cedere gran parte del contenuto nutrizionale. E ci si ritrova così a mangiare un’insalata che non serve a niente. Con conseguenti abbuffate in frigo che compensino la fame non saziata.
Ma, tornando alle nostre buste del banco frigo, così comode, con l’insalata già pulita e tagliata, pronta da mettere nel piatto, confrontando il prezzo al chilo con qualsiasi altra verdura si vedrà come sia decisamente alle stelle. Dopotutto, è normale, per mantenere tutta la filiera produttiva i costi, seppur bassi, ci sono e sono tanti. Quindi, acquistando l’insalata di quarta gamma, rischiamo di pagarla a peso d’oro.
Non solo. L’insalata richiede un grande utilizzo di risorse per il pianeta. D’accordo, anche mais, mandorle e allevamenti animali sono un problema. Ma nessuno di questi è irrecuperabile come l’insalata. Perché, oltre a costare molto, a non essere nutriente, a ingannare chi è a dieta, a consumare risorse preziose, l’insalata è la principale fonte di sprechi alimentari. Ogni anno oltre 450mila tonnellate di insalata vengono buttate.
Inoltre, in particolare la lattuga (così come gran parte degli ortaggi a foglia verde consumati crudi, cioè in insalata) è la principale responsabile delle malattie che si trasmettono col cibo: in 10 anni, dal 1998 al 2008, si stima che il 22 percento di tutte le malattie trasmesse mediante il cibo sia colpa dell’insalata.