i lombardi sono più connessi all'Europa

Trent’anni, laureato e se ne va Si è meglio pagati all’estero

Trent’anni, laureato e se ne va Si è meglio pagati all’estero
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Più che un Paese di immigrazione, un Paese di migranti. È la fotografia dell’Italia che emerge dall’ultimo report di Istat sulle anagrafi italiane. L’istituto statistico come ogni anno ha studiato iscrizioni e cancellazioni dalle anagrafi e da qui sono venute fuori tendenze che cambiano non poco l’immagine del nostro Paese. Innanzitutto nel 2018 sono nettamente calati non solo gli arrivi, ma anche la stabilizzazione di stranieri. Dopo le continue crescite degli anni precedenti c’è stata una inversione netta di tendenza con un calo del 3,2%. In particolare il fenomeno riguarda gli immigrati arrivati dall’Africa, che hanno registrato una diminuzione del 17% con picchi sopra il 24% per quanto riguarda Paesi come Nigeria e Costa d’Avorio. In numeri reali sono 50mila iscrizioni in meno. Cioè tre volte meno rispetto a chi invece si è disiscritto perché ha scelto di andare a vivere e a lavorare all’estero. Sono state infatti 157mila le cancellazioni nel 2018, e di queste due terzi riguardano italiani. Un fenomeno ben noto, quello della fuga dei cervelli, che ora sta prendendo dimensioni davvero preoccupanti. L’età media di chi lascia è 30 anni e il titolo di studi, soprattutto per i più giovani, è quasi sempre la laurea. Non è un caso che la regione a maggior tasso di emigrazione è la più ricca: la Lombardia. Solo nello scorso anno da qui se ne sono partite ben 22mila persone. Un fattore che deve far pensare per due motivi. Il primo che anche un territorio ricco come questo non sa più fornire opportunità adeguate alle nuove leve. Secondo, che forse la Lombardia si sente più integrata con il resto d’Europa che non con il resto d’Italia…

 

Se ci si guarda indietro i numeri ci dicono che in 10 anni abbiamo assistito alla fuga di 800mila persone. Di queste 182mila erano laureate (per il 56% uomini): si va via dal nostro Paese perché dopo anni di studi e con una buona preparazione garantita da un sistema di qualità com’è da tutti riconosciuto quello italiano, ci si trova nel mondo del lavoro con stipendi inadeguati e con davanti carriere costellate di ostacoli. La destinazione preferita da chi emigra è la Gran Bretagna (in 21mila si sono trasferiti dall’Italia solo nel 2018). È una direttrice che subirà dei contraccolpi con l’entrata in vigore della Brexit. In crescita sono la Germania con Berlino, il Belgio con Bruxelles e la Francia. Ma in crescita anche l’emigrazione al di là dell’Oceano, verso Stati Uniti, Canada, ma anche Brasile: in 18mila nel 2018 hanno fatto questo lunghissimo passo oltre i nostri confini. Sempre per stare alle cifre tecniche, il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,1 per 1.000.
Sono tutti dati resi noti dall’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero. Quindi riguardano chi ha voluto regolarizzare la propria nuova posizione. Ma c’è anche un grande numero, soprattutto giovani, che preferiscono mantenere l’anagrafe in Italia, magari presso i genitori, e lavorare all’estero in nome di una mobilità che li porta spesso a passare da un Paese a un altro. L’Italia è Paese di migranti anche all’interno dei suoi confini: solo nel 2018 sono stati ben 117 mila a lasciare il Mezzogiorno, il 7% in più rispetto al 2017: Campania e Sicilia nel 2018 hanno perso 8.500 residenti per lo più giovani laureati, tutti in direzione Nord.

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