Mentre sono in corso i collloqui di pace

Tripoli, attacco all'hotel di lusso La prima strage firmata Isis

Tripoli, attacco all'hotel di lusso La prima strage firmata Isis
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È strage a firma Isis a Tripoli. Uno dei più lussuosi hotel della città libica, il Corinthia, che ospita generalmente i rappresentanti diplomatici, è stato preso d’assalto da un commando armato di quattro persone secondo i testimoni. Nove le vittime: quattro libici e cinque stranieri. Prima dell’assalto i miliziani hanno fatto esplodere un’autobomba di fronte all’hotel uccidendo 3 guardie. Quindi hanno fatto irruzione nell’edificio e si sono asserragliati al 26esimo piano dell’hotel tenendo in ostaggio diverse persone. Non si conosce l’esatta nazionalità degli ostaggi, ma si esclude che siano italiani. I nostri cinque connazionali che alloggiano al Corinthia sono scampati all’attacco. Gli assalitori si sono poi fatti esplodere, non avendo via di scampo per l’assedio delle forze di sicurezza attorno all’hotel. Quanto accaduto, però, è ancora tutto da ricostruire, dal momento che non ci sono conferme ufficiali. Il Corinthia, così come tutti gli altri hotel di Tripoli, è stato evacuato. Il quotidiano Libya Herald, che ha diffuso la notizia della strage, ha riferito che già lunedì sera l'hotel aveva ricevuto un avvertimento su un imminente attacco.

La rivendicazione. A rivendicare l’attacco, almeno su twitter sono alcuni esponenti del califfato di Derna, filiale libica dello Stato Islamico. I jihadisti hanno detto che l'attentato è da considerarsi una vendetta per la morte di Abu Anas al-Libi, uno dei leader di alQaeda, morto a inizio anno a New York dove era in attesa del processo per gli attentati alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania nel 1998. Una motivazione strana, vista la netta distinzione tra Isis e alQaeda, e la loro incompatibilità almeno apparente. Altri tweet diffusi da un gruppo affiliato all'Isis hanno riferito che l'attacco aveva come obiettivo diplomatici esteri. È molto più probabile, in accordo con quanto affermano le fonti maltesi (il Corinthia è di proprietà di un cittadino maltese), che il vero obiettivo dell’attentato fosse il premier del governo islamista Omar alHasi, che abita in quell’hotel.

Chi c’era all’interno dell’hotel. L’hotel Corinthia è anche la sede della ambasciate di Francia e Qatar, ma pare che al momento dell’attentato non vi fossero diplomatici. Almeno secondo quanto riferisce il direttore dell'ente per la protezione delle missioni diplomatiche in Libia. Le notizie che arrivano dalla Libia sono piuttosto confuse, come è confusa la situazione in cui versa il Paese, sprofondato da tempo in una guerra civile da cui sembra impossibile uscire. Attualmente in Libia ci sono due governi e due parlamenti: uno, a Tobruck, democraticamente eletto nel giugno scorso e riconosciuto a livello internazionale, e un altro a Tripoli, formato dalle milizie islamiste della vecchia guardia.

La tv satellitare privata al-Nabaa, vicina al parlamento islamista, ha riferito che al momento dell'assalto il premier del governo islamico libico 'di salvezza' (quello non riconosciuto internazionalmente), Omar alHasi, era all'interno dell'hotel, e le forze di sicurezza sono riuscite a portare alHasi fuori dall'albergo. Altre fonti sostengono invece che il Corinthia è l’hotel che abitualmente ospita il premier, ma che al momento dell’assalto lui non fosse presente. AlHasi è il premier che si oppone a Abdullah alThinni, leader riconosciuto dalla comunità internazionale.

I colloqui di Ginevra. L'attentato è avvenuto mentre sono in corso a Ginevra colloqui di pace sotto egida Onu tra delegazioni del governo riconosciuto dalla comunità interazionale e rappresentanti di parte delle forze islamiste che controllano la Tripolitania e minacciano la Cirenaica. Ed è proprio ai colloqui di Ginevra che fa riferimento il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, definendo l’attentato "un tentativo di boicottare, danneggiare, influenzare negativamente gli sforzi in corso a Ginevra per riconciliare le parti in conflitto in Libia".

Allarme Isis sulla costa. Alcuni giorni fa Ali Tarhouni, 63 anni, già ministro delle Finanze e del petrolio nel Consiglio nazionale di transizione e, dall’aprile 2014, presidente dell’Assemblea costituente della Libia, aveva avvertito che gli sbarchi sulle coste italiane dalla Libia sono gestiti dalle cellule islamiste affiliate all’Isis. Una dichiarazione che confermerebbe quanto dichiarato, e poi subito smentito da Gentiloni, secondo il quale tra i profughi e i migranti dei barconi potrebbero nascondersi alcuni terroristi. La cosa che più preoccupa, però, è che ormai la Libia è diventata terra di nessuno. E non c’è terreno più fertile di questo per far guadagnare terreno alle milizie jihadiste del sedicente califfo alBaghdadi, che adesso si sarebbero insediate a Bengasi e starebbero guadagnando sempre più posizioni lungo la costa del Paese. La stessa costa da cui partono i barconi della morte.

 

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