Habilis, Neanderthalensis, Floresiensis...

Tutti gli Homo venuti dopo Naledi I misteri affascinanti dell'evoluzione

Tutti gli Homo venuti dopo Naledi I misteri affascinanti dell'evoluzione
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È di pochi giorni fa la notizia che in Africa sono state ritrovate ossa appartenenti a una specie umana finora sconosciuta, subito ribattezzata Homo naledi. Le informazioni che si sono succedute in questi giorni tuttavia sono confuse e approssimative, e dimostrano che il valore e la portata di questo ritrovamento si esprimeranno nel tempo a venire. Gli archeologi infatti faticano a trovare certezze tra reperti che coprono la durata di migliaia di anni, e se le interpretazioni e le ipotesi fioriscono in fretta, le conferme si fanno attendere anche decine di anni, quando arrivano. Vediamo allora quali sono i punti certi da cui ripartiranno le teorie evoluzioniste, e dove si può collocare nella linea del tempo questa nuova specie ominide.

Dai 2,5 ai 2 milioni di anni. Il ritrovamento è stato effettuato nelle vicinanze dell’insieme di cave e grotte del Sudafrica meglio noto col nome di Rising Star, la celebre “culla dell’umanità” dove sono già stati scovati molti altri reperti, risalenti addirittura a 4 milioni di anni fa. Si tratta di 1550 frammenti ossei, poi ricomposti in 737 elementi anatomici, appartenenti in tutto ad una quindicina di ominidi. La datazione precisa deve ancora essere eseguita, una prima stima ritiene possibile che la specie a cui far risalire i ritrovamenti sia vissuta tra i due milioni e mezzo e i due milioni di anni fa. Un tempo veramente lungo, se si pensa che la nascita dell’Homo sapiens, a cui noi apparteniamo, si fa risalire ad “appena” 200mila anni fa.

Il primo degli Homo. Non è facile capire i criteri con cui assegnare ad una nuova specie la categoria Homo, cioè l’appartenenza alla razza degli ominidi, di cui noi rappresentiamo l’ultimo anello della catena evolutiva. Un articolo di pochi giorni fa apparso su science.com delinea alcuni tratti fondamentali: gambe relativamente lunghe, sviluppo cranico che consenta la presenza di un cervello di medie dimensioni, caratteristiche facciali poco pronunciate, capacità basiche nell’utilizzo degli attrezzi e possibilità di alcuni comportamenti simbolici. John Hawks, professore alla University of Wisconsin-Madison, è uno degli autori del saggio in cui viene annunciata la scoperta della nuova specie: «Aveva un cervello minuscolo, più o meno delle dimensioni di un’arancia, posto in cima a un corpo relativamente lungo e snello». Seguendo queste indicazioni i reperti ritrovati potrebbero essere assegnati alla categoria degli ominidi, ed entrerebbero al primo posto della catena evolutiva. Finora la catena degli ominidi era aperta dall’Homo Habilis, a cui si succedevano l’Homo Erectus, i meno noti Homo rudolfensis e Homo Heidelbergensis, l’Homo Neanderthalensis (o di Neanderthal) e per chiudere l’Homo Floresiensis.

 

Homo Habilis

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I primi resti di questa  specie sono stati rinvenuti negli anni Sessanta, in Tanzania: sarebbe vissuto tra 2,4 milioni e 1,5 milioni di anni fa, e avrebbe avuto una capacità cranica di circa 700 cm cubici. Interessante scoperta è relativa alla sua abilità nell’utilizzo di manufatti e strumenti primitivi nell’uccisione degli animali.

Homo Rudolfensis

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Visse, più o meno, in coincidenza con Homo Habilis, ma ne fu soppiantato. Pochi resti sono a disposizione degli studiosi, per tanto è difficile capire realmente le sue caratteristiche. Ciò che appare certo è che tale specie fece fatica ad adattarsi all’ambiente di vita, così, appunto, fece perdere in fretta le proprie tracce.

Homo Erectus

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Migrato dall’est Africa verso il sud est asiatico (è infatti chiamato pitecantropo di Giava, isola dove fu scoperto nel 1891), si pensa, tra l’1,8 e i 1,3 milioni di anni fa, aveva  una dimensione del cranio maggiore rispetto al suo predecessore, e si pensa fosse stato in grado di usare il fuoco e lavorare pietre bifacciali. Per qualche studioso, poi, l’homo erectus aveva una vita sociale maggiore rispetto al suo predecessore.

 

homo Heidelbergensis

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I primi resti furono ritrovati in Germania, appunto nei pressi di Heidelberg, ma di simili ne furono rinvenuti anche in Africa e Asia: tale ominide sarebbe vissuto tra 600mila e 100mila anni fa. La calotta cranica si è allargata ancora rispetto ai predecessori, e arriva a 1400 cm cubici, poco meno di quella di un uomo moderno. Inoltre, aveva una maggiore abilità nell’uso di strumenti, e lo studio dei suoi scheletri ha portato gli studiosi a credere che avesse un udito abbastanza sviluppato, in grado di distinguere suoni diversi.

Homo Neanderthalensis

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L’orologio vola ad un periodo tra i 200mila e i 40mila anni fa. La cartina dei primi ritrovamenti è sempre in Germania, nella valle di Neander, vicino a Dusseldorf. Testa grande (anche più grande di quella dell’uomo moderno), altezza di 1,60 metri, corporatura robusta: questo il suo aspetto esteriore. Per qualche studioso apparterrebbe alla stessa specie dell’Homo sapiens, e le differenze somatiche sarebbero unicamente da imputare alle differenze di clima e ambientazione territoriale.

 

Homo floresiensis

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È vissuto fino a 13mila anni fa. Molto basso e piccolo di cranio, è soprannominato in via informale “hobbit” dagli studiosi. I primi resti di questa specie furono trovati nel 2003 in una caverna sull’isola di Flores, in Indonesia.

 

Il seppellimento dei morti. Il ritrovamento di Naledi è stato effettuato in un luogo difficilmente accessibile, tant’è che per raggiungerlo si è reso dispensabile arruolare un gruppo di archeologi e speleologi di corporatura esile, tali da entrare nelle strettoie presenti nella caverna. Il posizionamento così angusto e inusuale fa pensare che le ossa facessero parte di un cimitero dove l’homo naledi era solito seppellire i morti. Tutte le altre ipotesi sono state contemplate: dalla possibilità che una bestia feroce abbia accumulato più vittime, al rischio che un’alluvione abbia tratto con sé i corpi degli sventurati ominidi. Ma non c’è nessuna traccia che possa reggere queste eventualità. L’ipotesi del seppellimento, se confermata, sarebbe veramente rivoluzionaria per gli studiosi. La ritualità della sepoltura infatti è stata finora ritenuta una specificità dell’uomo moderno. Bisognerebbe quindi aggiornare notevolmente le credenze attuali, secondo cui il primo cimitero umano risalirebbe a circa 100mila anni fa.

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