Un nuovo Snowden denuncia l'uso di droni Usa contro i civili
Vi ricordate di Edward Snowden, l’ex tecnico della Cia che con le sue rilevazioni shock ha denunciato i segretissimi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense e britannico? Questa volta una nuova talpa svela dettagli e retroscena delle operazioni di sicurezza nazionale statunitensi, con una fuoriuscita di notizie sul programma drone degli Usa in Yemen, Somalia e Afghanistan. Ad affermarlo è Intercept, il sito di inchiesta giornalistica che giovedì 15 ottobre ha pubblicato un’indagine scottante sull’utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto da parte di Obama nella lotta al terrorismo. Questi strumenti sono impiegati per colpire in modo mirato persone che vengono monitorate e catalogate e a cui “viene data una sentenza di morte a loro insaputa e su scala mondiale", aggiunge Intercept. Ma soprattutto, tramite il dossier The Drone Paper sembra che gli interventi mirati non lo siano affatto.
Il leak è stato realizzato sulla base di una serie di slide trasmesse alla testata da una misteriosa fonte “proveniente dall’intelligence community e che ha lavorato ai programmi descritti”. Al centro dell’ampio fascicolo, che si sviluppa in otto sezioni, è uno studio del 2013 di un organo del Pentagono, Surveillance, and Reconnaissance Task Force (ISR), che offre dettagli inediti sulle modalità decisionali dell’amministrazione Obama, un processo della durata di 60 giorni che va dalla proposta di attacco al definitivo avvallo da parte del presidente, a cui seguono altri 60 giorni per portare a termine l’operazione.
Attraverso lo studio vengono inoltre illustratati gli in parte già noti metodi di sorveglianza digitale tramite drone, con cui vengono condotte le indagini in Yemen e Somalia per la rilevazione e l’esecuzione dei bersagli. Questi metodi vengono definiti “poveri e limitati” e Intercept pubblica una dichiarazione della propria fonte secondo cui in “numerosissimi casi” l’Intelligence si sarebbe rilevata fallace con l’individuazione di bersagli sbagliati.
I “Droni Papers” non solo confermano gli elevati costi in termini di civili coinvolti nelle operazioni, ma offrono anche sconcertanti dettagli sui numeri delle morti accidentali o esito di veri propri errori: ad esempio, solo il 20 percento delle vittime della "Operation Haymaker", condotta in Afghanistan tra gennaio 2012 e febbraio di 2013, sarebbero stati obiettivi antiterrorismo dichiarati, con un periodo di cinque mesi in cui la percentuale di innocenti salirebbe al 95 percento.
Intercept dichiara come scopo dell’inchiesta quello “di servire come un esame pubblico dei metodi e dei risultati del programma di assassinio dell'America (...). L'opinione pubblica ha il diritto di vedere questi documenti non solo per impegnarsi in un dibattito informato sul futuro delle guerre Usa, sia palesi che occulte, ma per comprendere le circostanze in base alle quali il governo americano si arroga il diritto di condannare a morte individui senza fare controlli e il contrappeso consolidato degli arresti, processi e appelli".
Dall’altra parte, il Pentagono e la Casa Bianca non si sono espresse sul dossier e un portavoce del dipartimento della Difesa ha dichiarato ufficialmente l’intenzione di non voler commentare sui "dettagli di rapporti secretati". Certo l’indagine getta un’ombra sull’utilizzo di Obama dell’arma che oggi viene puntata sui militanti dello stato islamico in Siria. Amnesty International USA chiede al Congresso un’urgente inchiesta e dichiara: «Questi documenti sollevano gravi preoccupazioni sul fatto che gli Stati Uniti possano aver sistematicamente violato la legge internazionale, classificando come combattenti persone non identificate al fine di giustificare i loro assassinii». In particolare, l’organizzazione chiede che venga fatta giustizia mediante l’identificazione di tutte le vittime di quello che definisce un “programma di omicidio globale”.