La fine di un'era

I Gamba sono andati in pensione e Vall'Alta di Albino ha perso il suo negozio

Eugenio e Mariella già pensionati, e ora anche Silvano: «Non ho lo stimolo per continuare, i miei figli hanno scelto altre strade». Una vita qui.

I Gamba sono andati in pensione e Vall'Alta di Albino ha perso il suo negozio
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Una bella storia di commercio, servizio e relazioni si è chiusa in quel di Vall’Alta, frazione di Albino posta nella Valle del Lujo. Il loro minimarket – in via Monte Grappa 9 – chiude non per mancanza di lavoro, come spesso accade, ma per la raggiunta meritata pensione dei gestori, tre dei quattro fratelli Gamba che abbiamo incontrato per farci raccontare, tra un cliente e l’altro, questa loro esperienza “che li ha visti nascere” in questa bottega. Sono Mariella di 71 anni, Eugenio di 68 e Silvano di 62, gli ultimi protagonisti di questa impresa a conduzione famigliare (la sorella maggiore Giuliana, di 72 anni, si trasferì da Vall’Alta in giovane età). Si fa loro portavoce il più giovane dei tre fratelli: «La licenza risale al 1934, nostro nonno la ritirò a favore dei due figli Giovanni e Giuseppe, rispettivamente nostro padre e zio. Negli anni Cinquanta i due fratelli separarono i propri percorsi: lo zio apri un’attività come grossista di frutta (in particolare mele) tra Vall’Alta e Abbazia, per poi trasferirsi a Desenzano di Albino; i nostri genitori Giovanni ed Elisa, sposi dal 1946, proseguirono l’attività del negozio. Nostra madre viaggia verso il secolo di vita, ha 96 anni; il papà è morto nel 1990».

Elisa e Giovanni Gamba

Quindi avete sempre respirato l’aria di questo negozio.

«Siano nati qua» sottolinea Mariella. «La levatrice l’ia la “Bertaca”» interviene Eugenio. «La mamma dell’ex sindaco di Albino Franco Bertacchi» completa Silvano.

Ci parli della vostra attività.

«Avevamo un forno per la panificazione, ricordiamo sempre con piacere Rolando (ora defunto), fornaio che per 25 anni ha collaborato con noi. Facevamo il pane, lo vendevamo noi e fornivamo anche alcune rivendite. Ci si alzava presto, alle 4.30, così con la consegna a domicilio garantivamo il pane fresco agli operai della vicina fabbrica “Bellora” che entravano per il turno delle 6. La produzione si è interrotta negli anni ‘80 con la ristrutturazione dell’edificio. Durante i lavori, per un paio d’anni, trasferimmo l’attività in un garage qui vicino. I clienti hanno trovato sempre di tutto: generi alimentari (pane, carne, affettati, frutta, verdura, latticini, scatolami…) e non solo (merceria, abbigliamento, vernici…), una licenza ampia dei nostri genitori che abbiamo sempre mantenuta. Con l’ammodernamento dei locali, nel 1980 abbiamo strutturato la nostra attività fondando una società a nome collettivo formata da noi tre fratelli e qualificato il negozio da tradizionale a minimarket. Sempre nei primi anni ‘80 ci siamo associati al gruppo Conad (allora da noi non era tanto conosciuto, nel tempo abbiamo seguito l’espansione del marchio e anche noi ne abbiamo beneficiato). L’organizzazione più grande a cui facevamo capo ci ha supportato sia nella formazione che dal punto di vista amministrativo».

A quanto pare il lavoro non manca, il negozio è bello e voi siete accoglienti. Perché siete arrivati alla decisione di chiudere?

«Eugenio e Mariella sono già in pensione – dice Silvano – e io ho da poco raggiunto la possibilità di andarci. Non ho lo stimolo per rilevare l’attività e continuare, e i miei figli dopo lo studio hanno scelto altre strade».

Cosa farete dopo?

«Il nonno ai miei due nipoti e giocherò qualche partita in più a bocce» dice Silvano. «Avrò più tempo da dedicare alla mia passione di allevatore d’api, quindi miele, propoli e campi» interviene Eugenio. «Passerò più tempo con mio marito Elio. In casa poi c’è sempre da fare.» conclude Mariella.

Vi dispiace lasciare?

«Dopo una vita, non può che dispiacere, come anche ai nostri clienti: non passa giorno che qualcuno ci chieda se abbiamo trovato persone interessate a rilevare l’attività».

Qualche curiosità?

«Quando mancava l’acqua e dovevamo panificare, andavamo a prenderla con i secchi altrove. Ma anche i conti da fare a mano, i prodotti venduti sfusi (pasta, zucchero, biscotti, ecc.): gli imballaggi della merce sono arrivati verso la metà degli anni ’60. Non erano indicate neppure le scadenze sui prodotti. Abbiamo attraversato un’epoca che ci ha introdotti a un oggi super tecnologico. Un episodio curioso che non dimentichiamo risale al 1989, quando ci fecero visita i ladri, prima all’oratorio e poi da noi. Rubarono parecchia merce, capi di vestiario, prosciutti, intere forme di formaggio… a cui seguì la nostra denuncia ai Carabinieri. La stessa mattina l’allora maresciallo di Albino, Paolo D’Agni, ci avvisò del ritrovamento di un’auto rubata a Lambrate, una Alfetta con all’interno della refurtiva che riconduceva ad Albino. Andammo al comando dei Carabinieri di Moscova e recuperammo parte della nostra merce dal valore di 15 milioni di lire, ma la curiosità divertente stava al posto della ruota di scorta della Alfetta, occupato da una forma di Parmigiano. Da allora installammo l’impianto di allarme».

Siete nel cuore di Vall’Alta, ai piedi della chiesa parrocchiale, area servita da parcheggi, e il vostro è l’unico negozio di vicinato…

«Il negozio più vicino sarà in via Lunga o al Molinello (2-3 km). Speriamo di trovare qualcuno pronto a rimpiazzarci. C’erano dei ragazzi interessati ad aprire un’attività di gastronomia, ma lo spazio a disposizione impedisce questo tipo di attività. Ci sono stati timidi interessamenti anche per un’attività più tradizionale, speriamo. Quando avvertimmo il Comune circa la nostra decisione, l’amministrazione si è data disponibile ad aiutare chi vorrà subentrare. Anche in altre frazioni il problema della mancanza del negozio di vicinato esiste. C’è anche il problema del trasporto pubblico, Vall’Alta è poco servita se non negli orari scolastici, per andare ad Albino a fare spesa rischi di perdere mezza giornata».

Un negozio che è anche punto di riferimento?

«Il negozio è un modo anche di trovarsi e socializzare. Chi passa entra, fa due chiacchiere, chiede consiglio, compra il necessario, e con il servizio a domicilio raggiungiamo le case di molti dei nostri clienti. Oggi un po’ manca questo bel rapporto diretto, ci stiamo un po’ isolando gli uni dagli altri, la piazza è diventata sempre più quella virtuale ma il rapporto diretto con le persone è un’altra cosa».

Siete sempre andati d’accordo?

«Sèmper» esclama sicura Mariella. «In quasi quarant’anni ogni tanto magari qualche discussione ci può anche essere stata, ma ci vogliamo bene» interviene Silvano.

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