Il Vaticano ha riconosciuto lo Stato

La Palestina grata al Papa e la delusione di Israele

La Palestina grata al Papa e la delusione di Israele
Pubblicato:
Aggiornato:

Mercoledì 13 maggio il Vaticano ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. Tecnicamente è stata raggiunta l’intesa tra la Santa Sede e la delegazione palestinese per la stipula di un accordo globale che, come si legge nella nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana, «si occupa di aspetti essenziali della vita e dell’attività della chiesa cattolica in Palestina». In altre parole il Vaticano ha voluto cominciare a mettere nero su bianco la libertà di culto per i cristiani di Terra Santa, compresa la questione del regime fiscale. Si tratta del primo documento ufficiale bilaterale tra le due parti che reca la dicitura Stato di Palestina e non Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Papa Francesco già nel suo viaggio a Betlemme dello scorso anno parlò di Stato di Palestina, sottolineando i buoni rapporti con la Santa Sede. Ma mai le parole “Stato” e “Palestina” hanno convissuto su un documento ufficiale, fatta eccezione per i comunicati relativi alle due visite in Vaticano di Abu Mazen.

Soddisfazione e gratitudine dell’Olp. Il documento, che sarà firmato sabato 16 a Roma da Abu Mazen, è stato salutato con favore. Hanan Ashrawi, esponente del comitato esecutivo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina e politica di religione cristiana, ha espresso «Estrema gratitudine e stima a papa Francesco. Siamo felici di questo riconoscimento e vi vediamo uno sviluppo positivo non solo dal punto di vista politico, bensì anche umano e giuridico». Per Ashrawi, l'accordo «spiana l'inizio di una nuova era in cui il mondo vedrà nella Palestina uno Stato indipendente».

 

 

Le parole di Obama. Sulla questione dello stato palestinese si era espresso un paio di giorni prima anche il presidente americano Barack Obama: «I palestinesi meritano la fine dell’occupazione e delle umiliazioni quotidiane che ne derivano, meritano di vivere in uno Stato indipendente e sovrano dove possono dare ai loro figli una vita dignitosa e delle opportunità». Sono le parole pronunciate durante una lunga e complessa intervista al quotidiano arabo con sede a Londra Asharq al-Awsat. Si è trattato della prima intervista che l’inquilino della Casa Bianca ha rilasciato a un quotidiano in lingua araba.

Gli impegni americani. Di Palestina Obama ha parlato, in maniera chiara e piuttosto dura, rispondendo a due domande sugli sforzi che l’amministrazione americana ha fatto in questi anni per la soluzione dei due Stati, che sembrano essere stati vani. Obama ha detto che non potrà mai rinunciare alla speranza di pace tra israeliani e palestinesi, e che gli Stati Uniti non potranno mai smettere di lavorare per realizzare questo obiettivo. «La pace tra israeliani e palestinesi è necessaria, giusta e possibile», ha ribadito Obama, «ed è anche nell'interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti». «Ci aspettiamo che il nuovo governo israeliano e i palestinesi dimostrino, attraverso le loro scelte politiche, un vero e proprio impegno per una soluzione dei due Stati». E a proposito di Gaza ha aggiunto: «Le parti dovranno affrontare non solo le esigenze immediate di tipo umanitario e di ricostruzione, ma anche le sfide fondamentali per il futuro di Gaza in un contesto di due Stati, tra cui rinvigorire il collegamento di Gaza con la Cisgiordania e ristabilire forti legami commerciali con Israele e l'economia globale».

L’iter degli accordi. Il significato dell'accordo in cui il Vaticano riconosce l’entità statuale palestinese è stato illustrato da monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati e Capo delegazione della Santa Sede che ha partecipato alla riunione, in un’intervista all'Osservatore Romano. «L’accordo è stato stipulato dalla Santa Sede in quanto soggetto di diritto internazionale, ma con lo scopo di tutelare e di favorire l’attività della Chiesa sul posto», ha dichiarato Camilleri. I rapporti ufficiali tra la Santa Sede e l'Olp furono stabiliti il 26 ottobre 1994 e in seguito fu costituita una commissione bilaterale permanente di lavoro che portò avanti i negoziati per l'accordo del 2000, fortemente voluto da papa Giovanni Paolo II, che sottoscrisse una dichiarazione d'intenti con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina per aprire nuove strade ai fedeli cristiani che vivono nei Territori. Nel 2012, la Santa Sede accolse con favore la decisione dell’Assemblea generale dell’Onu di riconoscere la Palestina come Stato osservatore, ma il trattato firmato ieri ha il valore legale di documento negoziato tra le parti, e quindi costituisce un riconoscimento ufficiale.

Vatican Palestinian
Foto 1 di 4

FILE - In this Sunday, June 8, 2014 file photo Pope Francis and Palestinian President Mahmoud Abbas embrace each other as Israel's President Shimon Peres, left, looks at them during an evening of peace prayers in the Vatican gardens. The Vatican officially recognized the state of Palestine in a new treaty finalized Wednesday, May 13, 2015 immediately sparking Israeli ire and accusations that the move hurt peace prospects. The treaty, which concerns the activities of the Catholic Church in Palestinian territory, makes clear that the Holy See has switched its diplomatic recognition from the Palestine Liberation Organization to the state of Palestine. (AP Photo/Gregorio Borgia, File)

Mideast Palestinians Saints
Foto 2 di 4

In this Thursday, May 7, 2015 photo, booklets showing the likes of Marie Alphonsine Ghattas, a nun who lived in what was Ottoman-ruled Palestine in the 19th century, are on display in Church of the Rosary Sisters Mamilla in Jerusalem. The Holy Land's Christians are excitedly preparing for next week's canonization of two Arab nuns, Ghattas and Mariam Bawardy, bringing some joy to a tiny community that has had little to celebrate in recent years. (AP Photo/Dusan Vranic)

Mideast Palestinians Saints
Foto 3 di 4

In this Saturday, May 9, 2015 photo, nuns pray during a special mass for Marie Alphonsine Ghattas, a nun who lived in what was Ottoman-ruled Palestine in the 19th century, at Church of the Rosary Sisters Mamilla in Jerusalem. Two nuns from the Holy Land, Mariam Bawardy and Marie Alphonsine Ghattas, will be the first from the region to receive sainthood since the early days of Christianity. They will also become the first Arabic-speaking Catholic saints. (AP Photo/Dusan Vranic)

Mideast Palestinians Saints
Foto 4 di 4

In this Saturday, May 9, 2015 photo, a nun stands by the tomb of Marie Alphonsine Ghattas, a nun who lived in what was Ottoman-ruled Palestine in the 19th century, at Church of the Rosary Sisters Mamilla in Jerusalem. Two nuns from the Holy Land, Mariam Bawardy and Marie Alphonsine Ghattas, will be the first from the region to receive sainthood since the early days of Christianity. They will also become the first Arabic-speaking Catholic saints. (AP Photo/Dusan Vranic)

Domenica le prime due sante palestinesi. Intanto, sabato il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), sarà ricevuto dal Papa e domenica assisterà alla canonizzazione in San Pietro delle prime due sante palestinesi di lingua araba, nate nella Palestina ottomana dell’Ottocento: Marie Alphonsine Ghattas di Gerusalemme, Fondatrice della Congregazione delle Suore del Rosario di Gerusalemme, e Mariam Bawardy della Galilea, carmelitana Scalza. La canonizzazione e il raggiungimento dell'accordo sono “indipendenti” l'uno dall'altro, ha sottolineato il Vaticano, ma è impossibile non leggere un progressivo avvicinamento al popolo palestinese da parte della Santa Sede. Allo stesso tempo anche i palestinesi fanno passi nel riconoscere l’importante opera, soprattutto educativa e di assistenza, che la Chiesa cattolica svolge nei Territori e di conseguenza ne regola il regime fiscale. Tutto ciò implica che anche gli Stati Uniti d’ora in avanti dovranno fare più attenzione in sede Onu nel porre il veto al Consiglio di Sicurezza per le questioni che riguardano Israele.

La rabbia di Israele. Ma la decisione di riconoscere la Palestina ha fatto arrabbiare Israele, soprattutto se si considera che i rapporti bilaterali tra Santa Sede e Stato di Israele sono fermi dal 1999 e vertono in modo particolare sull'Accordo economico, che disciplini le attività della chiesa cattolica in Terra Santa. Nel testo sottoscritto nei giorni scorsi si esprime l’auspicio per una soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi nell’ambito del principio dei due Stati e delle risoluzioni della comunità internazionale. Una motivazione e un augurio che non sono bastati a Israele, che per voce del ministero degli Esteri si è detto «deluso», aggiungendo che «una tale decisione non riporterà i palestinesi al tavolo del negoziato. Israele esaminerà l'accordo e soppeserà conseguentemente le proprie azioni». Parole pesanti, che suonano come una minaccia alla luce della formazione del nuovo governo, caratterizzato da una deriva verso la destra fondamentalista e nazionalista religiosa ebraica.

 

 

I rapporti tra Santa Sede e Israele. In tutto questo, i rapporti tra Santa Sede e Israele sono fermi da oltre 15 anni. Nel 1993, dopo oltre un anno di trattative e lavoro diplomatico, partorirono l'Accordo Fondamentale. Era un patto "di cortesia" tra i due Paesi, composto da quindici articoli, che stabiliva l’esistenza di relazioni diplomatiche tra le parti. Tra i passaggi salienti l'articolo 2: «La Santa Sede e lo Stato d'Israele si impegnano alla necessaria collaborazione nella lotta contro ogni forma di antisemitismo e ogni tipo di razzismo e di intolleranza religiosa, e nella promozione della reciproca comprensione tra le nazioni, della tolleranza fra le comunità e del rispetto per la vita e la dignità umana». Emblematico l'articolo 11: «La Santa Sede e lo Stato d'Israele dichiarano il rispettivo impegno alla promozione della pacifica risoluzione dei conflitti tra gli stati e le nazioni, con l'esclusione della violenza e del terrore dalla vita internazionale». Il 10 novembre 1997 la Santa Sede e Israele hanno firmato un secondo e significativo trattato con cui lo Stato di Israele ha riconosciuto la personalità giuridica della Chiesa e di tutti i suoi organismi. Entrambi gli Accordi sono stati ratificati e sono entrati in vigore sulla base di un piano internazionale, rispettivamente il 10 marzo 1994 e il 3 febbraio 1999. Periodicamente, da allora, le delegazioni delle due parti si riuniscono, ma ancora non si è giunti a qualcosa di concreto. In particolare per due questioni fondamentali: la proprietà dei luoghi santi e il regime tributario. Israele, secondo quell’accordo, assume «l'impegno a mantenere e a rispettare lo status quo nei Luoghi Santi cristiani» e congiuntamente alla Santa Sede ribadisce il «diritto della Chiesa cattolica alla proprietà». Finora, però, nessun accordo è stato tramutato in legge dello Stato di Israele, nonostante gli anni trascorsi.

Seguici sui nostri canali