Violenze psicologiche, stalking, minacce di uccidere il figlio: a processo 41enne di Azzano
L'ex compagna nel 2020 aveva deciso di andarsene di casa, ma lui l'avrebbe tormentata con sms, telefonate e appostamenti
Violenze psicologiche, telecamere in casa per sorvegliarla e velate minacce in riferimento al loro figlio. Questi i fatti contestati la scorsa giornata (giovedì 11 gennaio) in tribunale a un 41enne di Azzano, finito a processo con l'accusa di maltrattamenti e stalking nei confronti dell'ex compagna.
La mania del controllo
Lei, come riportato oggi dal Corriere Bergamo, ha la stessa età, originaria del Milanese si erano conosciuti nel 2018 e poi erano andati a vivere insieme in un appartamento a Bergamo. Era rimasta incinta del piccolo, poi nel 2020, quando la situazione sarebbe diventata insostenibile, aveva deciso di andarsene e tornare dai suoi genitori. Adesso, si è trovata una casa dove sta per conto suo e l'uomo può comunque vedere il minore, ma in uno spazio controllato.
A raccontare la vicenda vissuta dalla donna è stata un'amica che, in tribunale, ha spiegato che il compagno all'inizio era contento che lei fosse rimasta incinta, ma poi avrebbe cambiato idea, sostenendo che lavorava poco, che la situazione non era come pensava e voleva che abortisse. La 41enne, inoltre, telefonava all'altra solo in certi momenti della giornata, quando lui era via per il lavoro, perché altrimenti ci sarebbero state scenate di gelosia e atteggiamenti intimidatori, fattori che l'avrebbero in aggiunta portata a lavorare da casa.
Il cellulare lo usava sul balcone, perché nell'abitazione erano presenti delle telecamere con cui la controllava, ed aveva messo l'avviso di chiamata per rispondere subito quando lui la cercava. In caso contrario, si sarebbe insospettito.
Gli atteggiamenti intimidatori
Di fatti fisici ce ne sarebbero stati pochi, nello specifico un episodio in cui le avrebbe messo le mani intorno al collo e poi l'avrebbe schiaffeggiata, inoltre l'amica ha riferito di quando l'avrebbe strattonata, strappandole il pigiama. Secondo quanto ha riferito lui, laureato, insieme alla sua famiglia l'avrebbe ritenuta culturalmente inferiore perché aveva un titolo di studio di livello più basso, e le avrebbe anche impedito di prendere i mezzi pubblici, considerati poco dignitosi, costringendola a utilizzare la macchina.
I messaggi inquietanti
Il peggio però sarebbe arrivato dopo che la donna, stanca delle continue vessazioni, aveva deciso di andarsene: aveva infatti iniziato a mandarle messaggi ed a farle dalle venti alle cinquanta telefonate al giorno, con anche appostamenti sotto casa. Inquietante il contenuto di alcuni sms dove, a parte affermare che le avrebbe tolto il bambino e insultando la sua famiglia, avrebbe scritto che se avesse chiamato i carabinieri ci avrebbe rimesso il figlio, che gliel'avrebbe riportato pezzo per pezzo, uccidendolo prima di farla finita.
Durante l'interrogatorio del 2021, l'imputato ha respinto ogni accusa. All'udienza era prevista la sua chiamata al banco, ma ha deciso di non presentarsi. La Difesa darà la sua versione il prossimo 29 febbraio.