«È stato un incidente»

La madre di Viviana, uccisa a calci e pugni in casa, difende il compagno della figlia

La donna nega le responsabilità di Cristian Locatelli, 42 anni, ma gli inquirenti hanno pochi dubbi. E le prove sarebbero tante

La madre di Viviana, uccisa a calci e pugni in casa, difende il compagno della figlia
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Un incidente domestico. È questa la causa della morte della 34enne Viviana Caglioni secondo la testimonianza della madre Silvana Roncoli, non un brutale pestaggio in casa a opera del convivente della ragazza, Cristian Michele Locatelli. Viviana è deceduta il 6 aprile nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Papa Giovanni dopo sette giorni trascorsi in coma.

«È stata una cosa accidentale - continua a sostenere la madre della vittima -. Si è alzata dal letto e ha perso l’equilibrio, è inciampata nelle sue gambe, forse un capogiro? Ha battuto la testa contro un mobile, poi il muro ed è caduta a terra». Una versione che però stride fortemente con gli elementi ricostruiti da Procura e dalla squadra mobile di Bergamo nel corso delle indagini. L’autopsia eseguita sul corpo della giovane, inoltre, ha evidenziato tumefazioni al labbro e vistosi ematomi addominali e inguinali non ricollegabili alla caduta accidentale denunciata anche dal compagno. Tuttavia Silvana Roncoli, indagata per favoreggiamento, nega si sia trattato di omicidio. «Mia figlia era al piano terra con il suo ragazzo e l’avevo chiamata per salire a mangiare. Non c’è stata nessuna lite quella sera».

I fatti risalgono alla notte tra il 30 e il 31 marzo. Secondo gli investigatori, Locatelli avrebbe iniziato a picchiare Viviana tra le 23.30 e la mezzanotte con calci e pugni al primo piano dell’abitazione in via Maironi da Ponte, a Bergamo, in cui vivevano da circa un anno insieme alla madre della vittima. Il movente è da ricondurre alla profonda gelosia che l’uomo nutriva nei confronti della donna. Alla base della lite ci sarebbe stata addirittura una relazione risalente a sette anni fa con un'altra persona e pare che Locatelli tra le mura domestiche dicesse spesso «io sono un nazista e i nazisti odiano gli anarchici», riferendosi alle ex frequentazioni di Viviana. La chiamata al 118 è avvenuta solo all’1.08; il referto dei sanitari parlerà di un «evento violento». Nella telefonata ai sanitari, Silvana Roncoli ha parlato di un incidente, dicendo che la figlia è stata male dopo aver battuto la testa nello spigolo del muro. Quindi la cornetta è stata presa da Locatelli che ha raccontato all’operatore che la donna era caduta per caso, che respirava ancora, non stava morendo. Nessun riferimento a calci e pugni.

La vicenda è però caratterizzata da continui tentativi di depistaggio delle indagini da parte di Locatelli. L’uomo, convocato il 9 aprile in Questura per accertamenti, ha in quell’occasione chiamato il 112 denunciando di aver compiuto un omicidio proprio in via Maironi da Ponte. Una telefonata della quale si giustificò dicendo che si era trattato di una scusa per motivare l’eventuale ritardo in Questura (all’epoca fu denunciato per procurato allarme), ma che ha creato sospetti negli investigatori e che è stata ritenuta, nel corso delle indagini, quasi una confessione. Inoltre, quando il pm Paolo Mandurino ha negato la cremazione del corpo di Viviana, Locatelli è andato su tutte le furie. Comportamento ritenuto dagli inquirenti l’ennesima testimonianza della volontà di nascondere le tracce del pestaggio.

Esaminando la scena del crimine con il luminol, gli investigatori hanno trovato tracce ematiche che raccontano come la violenza si sia poi conclusa al piano terra della palazzina, dove abita lo zio materno Giampietro Roncoli, con un colpo violento alla nuca che ha fatto cadere a terra la giovane lasciandola morire priva di sensi. E decisiva per ricostruire il pestaggio è stata proprio la testimonianza fornita dallo zio di Viviana, Gianpietro Roncoli, anch’egli terrorizzato da Locatelli essendo stato varie volte minacciato. Interrogato a più riprese dagli investigatori, ha parlato in un primo momento di una lite tra la coppia, quindi ha raccontato i dettagli dell’aggressione, durata circa mezz’ora, confermando le ipotesi investigative. Una ricostruzione precisa, che l’aggressore ha tentato di negare, spiegando che probabilmente Roncoli voleva denigrarlo per questioni economiche in sospeso tra loro.

Locatelli, 42 anni, con alle spalle numerosi precedenti per rapina ed episodi violenti quali aggressioni e resistenza a pubblico ufficiale, dopo l’interrogatorio di convalida del fermo da parte del gip Federica Gaudino durante il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere, da sabato 25 aprile si trova in carcere con l’accusa di omicidio aggravato da futili motivi e di maltrattamenti in famiglia.

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