Dopo la segnalazione pubblicata nei giorni scorsi sullo stato di abbandono e degrado delle case Aler di via Celadina, a Bergamo, arriva la testimonianza diretta di una delle residenti coinvolte. Si tratta della giovane donna menzionata nel nostro articolo; la stessa che, ormai da settimane, vive con un buco nel muro della cucina e pareti coperte di muffa.
«Non sapevo che qualcuno avesse parlato della mia situazione – racconta in una lettera alla nostra redazione – ma sono contenta che tutto questo stia finalmente venendo a galla. Io non vivo, sopravvivo in una casa che cade a pezzi».
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«Voglio uscire da questo incubo»
La ragazza spiega di aver segnalato più volte il problema ad Aler e all’amministratore dello stabile, senza ricevere risposte concrete. «Le pareti sono marce, l’umidità arriva ovunque, anche vicino alle prese elettriche. Ho paura che la situazione peggiori – aggiunge -. Ho chiesto un sopralluogo all’Asl affinché vengano a verificare le condizioni igienico-sanitarie dell’immobile e accertare se sia ancora idoneo all’uso abitativo».
Le foto che la residente ci ha inviato mostrano crepe profonde nei muri, muffa nera sul soffitto, intonaco scrostato e mobili danneggiati dall’acqua. «Non è normale vivere così – prosegue -. Io pago regolarmente l’affitto e le spese, ma mi ritrovo ogni giorno a convivere con umidità, puzza e freddo. Non so più a chi rivolgermi».
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«Qui dentro non si vive più»
La giovane, che abita da sola nella palazzina di via Celadina 21, racconta di notti passate senza dormire per via della condensa e dell’acqua che filtra dai muri. «Quando piove, sento gocciolare dentro casa. Ho paura che il muro ceda del tutto. Ho segnalato, richiamato, mandato mail e foto, ma da mesi nessuno si muove».
Dopo la nostra precedente pubblicazione, Aler aveva risposto spiegando di essere già intervenuta il 22 ottobre e di aver avviato la definizione di un piano di manutenzione pluriennale per la riqualificazione dell’edificio. Ma dalle nuove immagini inviate dalla residente, appare evidente che i problemi non sono ancora stati risolti.
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«Vorrei che la mia voce arrivasse direttamente a chi di dovere – conclude -. Voglio solo che qualcuno venga a vedere in che condizioni sono costretta a vivere. Nessuno dovrebbe trovarsi in questa situazione, soprattutto in una casa pubblica».