I detenuti: «Guagliù, salvatevi!» Lettera ai giovani camorristi
«Guagliù, salvatevi!» È con queste parole che si conclude una particolarissima lettera che un gruppo di detenuti del carcere di Poggioreale, a Napoli, ha voluto indirizzare ai compagni di cella più giovani. Un’iniziativa originale e imprevedibile, che prende le mosse, hanno dichiarato i detenuti promotori, dalla nuova e profonda ondata di violenza che negli ultimi mesi ha colpito la città partenopea e le sue strade, una volta ancora in preda a gravi e sanguinosi scontri fra bande camorriste locali. Le morti si susseguono senza posa da settimane, l’ultima quella di un giovane ragazzo di 17 anni, Genny Cesarano. La lettura della missiva è avvenuta mercoledì 21 ottobre di fronte a 30 giovani carcerati di Poggioreale. La sostanza della lettera è chiara: ragazzi, ravvedetevi finché siete in tempo, perché state andando incontro ad una vita tragica.
Un incontro davvero particolare. Svoltosi in un’aula del carcere di Poggioreale, l’incontro fortemente voluto dai detenuti più anziani ha visto come protagonista anche Francisco, originario di El Salvador e oggi carcerato a Napoli, il quale ha aperto il dibattito raccontando delle maras, le bande salvadoregne che terrorizzano la gente e le strade del suo Paese. Francisco si è in particolare soffermato sul crudele rito di iniziazione che un giovane adepto di una mara deve compiete per poter essere ammesso: uccidere una persona. I 30 ragazzi sono rimasti particolarmente toccati dalla testimonianza di Francisco, il quale ha espressamente spiegato come in El Salvador entrare in certi giri di malavita significa decidere di buttare letteralmente alle ortiche la propria esistenza, condannandosi ad una vita di male per sé, i propri famigliari, e innumerevoli altre persone. Al termine del racconto di Francisco, è stato il momento dei detenuti napoletani, che come detto avevano preparato una lettera appositamente indirizzata a quei giovani che, per quanto abbiano già imboccato la strada della camorra e della malavita, sono ancora in tempo per voltarsi e cambiare direzione. A leggerla è stato un carcerato 41enne, sposato con due figli e con una pesantissima condanna da scontare.
«Con il cuore in mano e a gran voce vi chiediamo di riflettere». La lettera inizia con il riportare l’episodio della recente morte di Genny Cesarano, e con la chiara constatazione che «non si può più accettare che si possa morire a 17 anni». Viene spiegato come, nei detenuti più anziani, sia col tempo emersa la consapevolezza di aver rovinato la vita di parenti, mogli, figli e chissà quante altre persone solo per aver commesso l’errore di inseguire «idoli sbagliati», come il potere, i soldi facili, la rivincita sociale. Fino ad un’accorata domanda: «Noi ci chiediamo: cos'è che vi affascina di questa vita che nemmeno conoscete quanto è sofferta e drammatica, che vi travolge solo l'anima?». Parole pesanti, che ben fanno capire cosa significhi decidere di dedicare la propria vita alla camorra e alla delinquenza, che a più riprese, nella stessa lettera, vengono riassunte nell’unico concetto di “male”. Viene chiarito che si può comprendere come la via della malavita possa essere affascinante per un giovane napoletano, cresciuto magari senza nulla, nemmeno l’ipotesi di un futuro migliore. Ma ciò che l’esperienza della camorra ha insegnato a chi l’ha vissuta per troppo tempo è che non ne vale minimamente la pena: «Avrete mille opportunità, migliaia di occasioni per dimostrare che siete più forti del male». E in conclusione il sentito appello: «Ragazzi di Napoli, ribellatevi, dite no alla malavita, ieri è toccato a Genny, domani a chi può toccare? Insieme alla società che sta fuori dal carcere, da qui dentro lanciamo un unico urlo: guagliù, salvatevi!». Di seguito il testo integrale della lettera.
Leggendo i giornali e guardando la televisione, noi detenuti nel carcere di Poggioreale, abbiamo appreso le drammatiche notizie di giovanissimi ragazzi che in questi giorni sono stati ammazzati a Napoli.
E allora abbiamo pensato che è l'ora di far sentire non solo la voce della società di fuori, ma anche di noi che viviamo dietro queste sbarre. Abbiamo mogli e figli bellissimi e non possiamo più accettare che si possa morire addirittura a 17 anni come è avvenuto per Genny Cesarano, e con il cuore in mano e a gran voce vi chiediamo di riflettere e di non ignorare questi consigli da chi, purtroppo da questa vita è stato travolto.
Voi non siete dei criminali, forse siete solo arrabbiati perché magari il vostro contesto di vita non era quello che speravate, ma dentro di voi siamo sicuri c'è tanto amore da poter trasmettere alle persone che vi amano. Siamo stati anche noi scugnizzi cresciuti nei vicoli di Napoli, dove portavamo come esempio idoli sbagliati che vivevano di una gloria inesistente. Noi ci chiediamo: cos'è che vi affascina di questa vita che nemmeno conoscete quanto è sofferta e drammatica, che vi travolge solo l'anima?
Non esiste un successo in queste tenebre, non ci sarà mai un obiettivo positivo, ma solo distruzione, proprio come hanno vissuto tante persone come noi che sono ancora detenute. Perché copiare atteggiamenti o azioni criminose che assorbono una responsabilità altissima, senza possibilità di scampo dove c'è solo sofferenza e morte? Il fuoco che arde nella giovane età non consente di guardare quello che di buono regala la vita e prima che sia troppo tardi trovate il modo per ravvedervi perché la vostra vita non può essere buttata in un carcere dove l'anima si spegne giorno dopo giorno o peggio nella morte.
E allora se da bambini, appena qualche anno fa, giocavate spensierati, ora vi trovate a combattere guerre dove rischiate le vostre giovani vite. Nel carcere da anni non proviamo quasi mai la gioia di essere felici. Anche noi abbiamo vissuto in una età giovanissima in un contesto di vita degradato, povero e insoddisfatto, e abbiamo pensato che scegliere per i soldi facili poteva essere una grande scelta, pensando di essere migliori degli altri. E così abbiamo fatto tante scelte sbagliate e senza rendercene conto, piano piano, abbiamo fatto del male a chi si svegliava la mattina e onestamente andava a lavorare.
Ma anche ai nostri cari. Molti di noi hanno trascorso più di metà della nostra vita in carcere per aver sbagliato strada fin da piccoli. E dopo aver pagato il debito con la giustizia, ci sarà un altro debito da pagare quello con la nostra coscienza che ci porteremo per tutta la vita. Guagliù, questa non è vita e né la camorra né nessun altro vi proteggerà. Il male viene sempre pagato con il male. Avete una vita così bella e lunga da potervi godere, da poter vivere, da poter amare, da poter lavorare onestamente. Godetevi la vostra famiglia.
Preservate il vostro futuro. Avrete mille opportunità, migliaia di occasioni per dimostrare che siete più forti del male. Siete vita, siete puri. Non ci vuole coraggio per dare un senso alla vostra vita, perché questa è la vita che vi tocca giovani napoletani. State lontano dal male. Noi speriamo che voi troviate uno spiraglio, qualcuno che vi tenda la mano. Ne avete bisogno voi come ne abbiamo bisogno noi. Preghiamo per voi e per i vostri coetanei che sono morti senza neanche sapere il perché, o forse hanno scelto una strada cieca senza pensarci. Ragazzi di Napoli, ribellatevi, dite no alla malavita, ieri è toccato a Genny, domani a chi può toccare? Insieme alla società che sta fuori dal carcere, da qui dentro lanciamo un unico urlo: guagliù salvatevi!