Ars Dimicandi, ovvero l'associazione bergamasca che riporta nell'arena i gladiatori
Il progetto nasce dall’idea del presidente Dario Battaglia, che lo realizza con il Parco archeologico del Colosseo

di Nicola Magni (foto di Alfredo Gasparini)
Non semplice intrattenimento turistico, né unicamente rievocazione in costume: il Dies in Arena (Dia) è un’esperienza unica che catapulta lo spettatore a vivere la storia in prima persona, calandolo nella vibrante realtà dell’antica Roma. L’evento, fortemente voluto dalla dottoressa Federica Rinaldi per il Parco archeologico del Colosseo e dal direttore del Parco archeologico dei Campi Flegrei, Fabio Pagano, ha debuttato sabato 19 luglio nell’evocativa cornice dell’anfiteatro Flavio di Pozzuoli, dando il via a una nuova coinvolgente stagione divulgativa.
Il progetto nasce dall’idea e dalla sceneggiatura di Dario Battaglia, presidente dell’associazione bergamasca di promozione sociale Ars Dimicandi, già nota a Bergamo per la mostra di armature gladiatorie svolta al Civico Museo archeologico tra dicembre 2023 e marzo 2024 e che si dedica alla rievocazione dell’antichità romana con l’obbiettivo di far rivivere al pubblico il mondo complesso e affascinante di quell’epoca.




Su questa linea si sviluppa Dies in Arena, trasformando lo spazio dell’anfiteatro in un’arena di riflessione, dove il pubblico diventa “per legge” il popolo romano, chiamato a decidere della sorte dei gladiatori. Attraverso dialoghi tra mogli e mariti, filosofi e giuristi, commediografi e cittadini, il Dies in Arena porta sul palco pregiudizi e verità, costringendo lo spettatore a confrontarsi con le contraddizioni e le sfumature di un’epoca che troppo spesso semplifichiamo in cliché di violenza o decadenza.
Il risultato non è soltanto un viaggio nel tempo: è un attraversamento intellettuale ed emotivo che trasforma l’arena in uno specchio spietato del nostro presente. Tra pietre antiche e silenzi carichi di storia, lo spettatore si trova a riflettere su cosa abbiamo sacrificato sull’altare del progresso e su cosa, di quel passato lontano, continuiamo a rincorrere senza nemmeno accorgercene.
È un’esperienza che invita a fermarsi e a chiedersi se la modernità abbia davvero ripagato le nostre rinunce, regalando al pubblico non solo un racconto del passato, ma un’occasione rara per comprendere chi siamo diventati. (...)