Un secolo di storia

Cent'anni del Ducato: il "Giopì", le botte dei fascisti e il Requiem per i morti del Covid

Nato per burla contro il potere clericale era un sodalizio satirico, "l'istituzione" di Piazza Pontida ha tenuto vive le tradizioni bergamasche

Cent'anni del Ducato: il "Giopì", le botte dei fascisti e il Requiem per i morti del Covid
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di Paolo Aresi

Meno male che c’è il Ducato. Perché l’unica iniziativa “popolare” che a Bergamo viene organizzata in ricordo delle vittime del Covid viene proprio da piazza Pontida, dal sodalizio che in questi giorni compie cento anni. Ne parliamo con il duca in carica, Mario Morotti, Smiciatött dù (secondo).

Duca, da dove viene l’iniziativa del Requiem che verrà eseguito il 18 marzo sera nella basilica di Sant’Alessandro in Colonna?

«Lo scorso anno lo avevamo già proposto ad Alzano, nella basilica di San Martino, e parteciparono settecento persone, che lo apprezzarono molto. Ma il nostro desiderio era di portarlo a Bergamo. Ce l’abbiamo fatta grazie all’aiuto di molte persone, della Curia, della parrocchia e del Comune, che ci ha dato anche un contributo economico».

Com’è nata l’idea di un Requiem?

«Un nostro cavaliere del Ducato è il maestro Antonio Brena. Ci ha raccontato che si trovava al mare, a casa di Giuliano Asperti, e che guardando il tramonto ha pensato ai morti del Covid. Parlandone con Asperti hanno pensato a comporre un Requiem. Asperti ama la scrittura e si è offerto di comporre il testo. Brena ha scritto la musica, immersa in queste parole, in sei mesi di lavoro e a marzo 2023 è stato possibile eseguirlo».

Avete coinvolto molti musicisti.

«Sì, c’è l’orchestra Gavazzeni diretta proprio da Antonio Brena. Partecipano anche il coro Canticum Novum diretto da Erina Gambarini e il coro di voci bianche Gli Harmonici diretto da Fabio Alberti. Gabriella Locatelli è la voce solista, soprano».

Il Ducato compie cento anni, un bel traguardo.

«Arriva in un momento di rinnovamento del nostro sodalizio, cerchiamo di aprirci verso le scuole, verso i giovani. Oggi, 15 marzo, festeggiamo all’Uci di Orio i nostri cento anni con la proiezione di un documentario sulla storia del Ducato, curato da un giovane, Mario Binetti, con interviste a tutti i duchi ancora in vita».

Chi è il decano?

«Andrea Gibellini, duca Andrea Primo».

Qual è il senso del Ducato oggi?

«L’identità, la cultura bergamasca. Difendere e fare conoscere, oggi più che mai, visto che questo patrimonio rischia di disperdersi. Questo aspetto negli anni è diventato sempre più importante; quando il Ducato nacque fu più per ragioni di compagnia, di umorismo, di satira. Il nostro giornale, il Giopì, era nato nel 1894, quindi ha trent’anni di più del sodalizio. Ma i fondatori del ducato erano ancora quelli del Giopì e così (...)

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