Recensione

“Dune 2” alza l'asticella. Mai vista un'epopea così

Nel secondo capitolo Villeneuve perfeziona la sua estetica e riesce a fare emergere tutti i temi chiave

“Dune 2” alza l'asticella. Mai vista un'epopea così
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Di Fabio Busi

Il secondo capitolo della saga di Denis Villeneuve porta a una piena incarnazione delle trame, e ciò che lascia attoniti non è tanto la violenza, la visione o le musiche. Sono i concetti, le filigrane sociologiche e politiche di Herbert.

Dal punto di vista estetico, prosegue e amplifica le prerogative del cineasta. I rigori geometrici, la messa in scena stilizzata, il minimalismo del deserto, le musiche da baraonda metal... Sembra quasi di trovarsi in un cinema dinamico quando Paul cavalca il verme: la sabbia ci entra negli occhi, il frastuono ci annichilisce.

Che dire poi dei rituali nazi-capitalistici degli Harkonnen? Raramente s'è vista una simile disumanità (quasi horror) in un kolossal. Roba che l'impero di Darth Vader sembra quasi una carnevalata. Ancora una volta sono i cromatismi e i clangori della colonna sonora a dare il tocco decisivo; il volto glabro e la crudeltà di Feyd-Rautha completano il quadro con maggiore forza rispetto al primo volume.

La carta vincente sta però altrove, nelle scelte di sceneggiatura e montaggio. “Dune 2” lavora senza risparmiarsi sui personaggi, sulle trame nascoste, sulle credenze e sulle mire dei diversi popoli. Messianesimo (nella forma della profezia-sogno che si autoavvera), ecologismo, colonialismo, massoneria, politiche dinastiche: c'è tutto il bene e soprattutto il male del genere umano. Viene ridotto al minimo lo spazio dedicato alla guerra vera e propria, con il risultato di non annoiare mai, di non risultare in alcun modo superficiale o fine a se stesso. Perché i conflitti bellici non sono veramente importanti o decisivi, lo è molto di più la fede di un popolo.

Mentre racconta lo scontro tra Fremen e Impero porta avanti altre dimensioni interpretative («Non esistono fazioni...»), ed è proprio questo, insieme alle molteplici chiavi di lettura attualizzanti, a dare un valore aggiunto alla saga, che - almeno a livello concettuale - fa impallidire buona parte delle opere epico-fantascientifiche di Hollywood. È la scommessa vinta del regista: riuscire a produrre con mezzi da blockbuster dei film che lambiscono la dimensione autoriale.

Poche le spiegazioni, si chiede molta interpretazione al pubblico. Qualcuno potrebbe pensare che qualche nota a margine avrebbe arricchito la comprensione. Non c'erano tuttavia grandi margini in questo senso, senza appesantire un'epopea che invece viaggia rapida e leggera, pur portando il peso di significati spaventosamente grandi.

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