Il sogno di Ken Loach: inglesi e siriani pranzano insieme al pub
“The Old Oak” racconta la decadenza e la speranza di un paese stravolto dall’arrivo di un pullman di rifugiati
Di Fabio Busi
«Se smetto di sperare, il mio cuore smette di battere». A 87 anni Ken Loach apre una finestra di fiducia verso il futuro, e non stiamo parlando di una pia illusione. Conoscendo il regista britannico e le sue idee, non stupisce che dietro alla storia conciliante (anche se contrastata) di "The Old Oak" ci sia una visione politica precisa.
E cioè che gli ultimi, i minatori, i vinti della società occidentale e i profughi, gli stranieri, le vittime di Caoslandia, dovrebbero sostenersi a vicenda, inglesi o siriani che siano. E non odiarsi o farsi la guerra a male parole e dispetti. Siamo tutti dalla stessa parte, su una barca malsicura, ma siamo tanti e insieme possiamo vivere meglio, non solo sopravvivere. Questo sembra gridare disperatamente il cineasta.
Si ha come la sensazione di assistere all'esaurirsi dello slancio vitale di un'Inghilterra fragile e retrograda, ripiegata sui suoi rimpianti, incapace di imprimere una svolta al suo destino declinante, come TJ che non può (o non vuole) rilanciare il suo bar. Dice di non avere i soldi, ma è l'energia a mancargli. Il paese vive di rancori, dopo la fine dell'attività dei minatori. Ognuno lecca le sue ferite. Case deprezzate, decadenza, figli che ripudiano i padri: un masticare amaro davanti all'ennesima pinta. Non c'è sole oltre le nuvole.
L'arrivo di un autobus di rifugiati siriani, donne e bambini, oltre ad accendere le antipatie dei più rancorosi, apre nuove dinamiche nell'indole autodistruttiva di TJ e in quella di altri cittadini che superano l’iniziale pregiudizio. Nella solidarietà con chi sta peggio, il protagonista e la comunità riscoprono un'energia che non credevano più di avere.
Non commuove come “Daniel Blake”, non desta scandalo come “Sorry We Missed You”, ma mostra ancora una volta la profonda dignità della gente semplice, ci ricorda come un pasto insieme possa rinfrancare l'anima, almeno per un po'. Forse non tutti vorranno bene ai siriani, ma sicuramente chi li ha conosciuti non può odiarli. Shukran, Ken Loach.