“Jeanne du Barry”, ottime premesse ma sviluppo ambiguo
Il film mescola i valori autentici del popolo minuto, da cui la donna proviene, e il galateo artificioso di Versailles
Di Fabio Busi
La storia la giriamo e rigiriamo come ci pare, a seconda di quel che vogliamo dire noi oggi. Nel caso di "Jeanne du Barry - La favorita del re", la regista e attrice protagonista Maïwenn aveva come punto fermo quello di ribaltare la prospettiva. La storia di una serva che diventa dama di corte, adorata dal re Luigi XV e con il tempo rispettata da molte figure d'alto lignaggio. Poco importa se la sua rappresentazione è forse fin troppo moderna, perché emerge nitidamente un concetto non scontato: l'ascesa sociale femminile, in passato, non è stata ostacolata solo dagli uomini. Anzi, sono le figlie del re le sue più accanite detrattrici. Una lotta di classe, non tanto di genere.
Il film mescola con una certa sapienza comica i valori autentici del popolo minuto, da cui la donna proviene, e il galateo artificioso e complesso della corte di Versailles. Un mondo ovattato, fatto di rituali stanchi e melensi, mentre la cortigiana vive di pulsioni e sentimenti spontanei, non ancora velati dalla malinconia velenosa e dalla noia di fondo che provano i nobili.
Ottime premesse per un lavoro che nella seconda parte si avvita un po' su se stesso. Ad esempio, le figlie del re diventano macchiette (sembrano le sorelle di Cenerentola), Jeanne invece assume una postura quasi da santa. Molti aspetti significativi della sua vita, avvenuti dopo la morte del re e durante il Terrore, vengono solo sintetizzati nelle battute finali, lasciando invece molto spazio a una sorta di ritratto celebrativo in cui la si mostra a fianco del re malato. Ma c'era molto di più da esplicitare, perché di fatto la donna di strada alla fine diventa davvero donna di corte (questo si vede), ma verrà infine tradita... e non riveliamo da chi.
Manca in fondo un po' di sondaggio psicologico e visione problematica. Una domanda su tutte: ma Jeanne era davvero innamorata di Luigi XV? Difficile districare il sentimento dall'interesse materiale, forse impossibile. Ma sarebbe stato interessante se la regista ci avesse almeno provato. Maïwenn invece s'è innamorata del suo personaggio, questo è certo, e non ne sottolinea a sufficienza la sostanziale ambiguità.