Arte

L’estate della Gamec tra il bianco e nero di Rachel Whiteread e i colori di Vivian Suter

Installazione inedita pensata dalla celebre artista inglese per Palazzo della Ragione. Gli spazi di via San Tomaso accoglieranno invece l’artista di origini svizzere, nata in Argentina e residente in Guatemala

L’estate della Gamec tra il bianco e nero di Rachel Whiteread e i colori di Vivian Suter
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L’estate della Gamec parte oggi, venerdì 23 giugno, con tre progetti paralleli: l’installazione site specific di Rachel Whiteread per Palazzo della Ragione (fino al 29 ottobre); la personale di Vivian Suter negli spazi di via San Tomaso (fino al 24 settembre); il quarto capitolo de “La Collezione Impermanente” (fino al 17 settembre), piattaforma di ricerca, espositiva e laboratoriale, che dal 2018 riflette sulla natura ibrida della collezione della Gamec e sulle sue possibilità di sviluppo.

…And the animals were sold

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La Gamec torna ad abitare la prestigiosa sede del Palazzo della Ragione con una nuova mostra firmata Rachel Whiteread, artista inglese di fama internazionale che nell'anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura presenterà un'installazione inedita pensata in relazione alla città e in conversazione con l'architettura e la storia del Palazzo.

Da sempre interessata a quegli spazi che appartengono alla nostra vita quotidiana ma che vengono spesso dimenticati, Rachel Whiteread realizza per la Sala delle Capriate un'installazione ambientale composta da sessanta sculture, che costituiscono la materializzazione dello spazio vuoto compreso fra le gambe di due differenti modelli di sedute.

Le sculture sono realizzate in diverse tipologie di pietre che si ritrovano nei materiali di costruzione sia del Palazzo della Ragione sia di Piazza Vecchia, come nel caso della pietra di Sarnico nella facciata del Palazzo della Ragione e del marmo di Zandobbio nella Fontana del Contarini, e che vengono tutt'ora estratte dalle cave del territorio bergamasco. L'artista ha voluto in questo modo creare una stretta relazione con il territorio e la sua storia, nonché con l'architettura stessa del luogo che ospita la mostra.

Il titolo dell'installazione è evocativo sia della pandemia – le parole "And the animals were sold (E gli animali furono venduti)" portano alla mente l'immagine dei mercati asiatici in cui si vendono animali di ogni sorta e che molti studiosi sostengono essere all'origine della mutazione del Coronavirus – sia di una qualsiasi conversazione di cui si possono cogliere quasi inavvertitamente alcune parole.

La mostra costituisce infatti per Whiteread la prima occasione di esprimersi artisticamente sull'esperienza drammatica e straniante della pandemia: l'esperienza che l'artista ha fatto in occasione della sua prima visita alla città l'ha colpita al punto che ha iniziato a pensare al suo intervento come legato agli eventi tristemente noti della diffusione incontrollata della pandemia a Bergamo.

Le sessanta sculture evocano la presenza e insieme l'assenza di altrettante persone. Come per molte delle sue opere, infatti, anche il vuoto che si fa pieno di queste sculture "sta al posto di qualcosa d'altro": in questo caso, in particolare, di una persona o di una moltitudine di persone. Le differenti disposizioni studiate dall'artista rimandano all'obbligo del distanziamento sociale oppure, al contrario, a una prossimità ritrovata.

Le sedute che compongono l'installazione costituiscono in definitiva un invito rivolto ai visitatori a sostare per animare la Sala delle Capriate e viverla come luogo di scambio e relazione, di vicinanza e condivisione.

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Prima mostra personale in un museo italiano di Vivian Suter, raccoglie quasi 200 tele realizzate dall'artista nel corso di fasi diverse della propria produzione. Dagli inizi degli anni Ottanta, in seguito a un lungo viaggio nel Sud del mondo, Suter si è stabilita in Guatemala, sulle rive del lago Atitlán. Da allora il suo lavoro si è sviluppato attraverso uno scambio sempre più stretto con gli elementi dello straordinario contesto naturale e antropologico in cui la sua casa-studio di Panajachel si inserisce, tra comunità indigene, foreste pluviali e cime vulcaniche.

Aperte alle infinite possibilità del caso, le tele di Vivian Suter – sporcate dal vento, dalla pioggia, dal fango o dai piccoli organismi del bosco – raccontano l'intimo legame che le tiene unite alle forze vitali dell'ambiente da cui scaturiscono. La mostra alla Gamec restituisce la dimensione visiva di questo connubio straordinario, la densità del sistema integrato di piante, persone, animali e relazioni alla base del lavoro di Vivian Suter. Una dimensione in cui arte e natura si innestano l'una nell'altra, senza soluzione di continuità.

Al centro dello spazio espositivo, una struttura in legno evoca questa dimensione domestica, mentre le tele a essa sostenute, insieme a quelle distribuite sulle pareti della grande sala che le ospita – dipinte con gli stessi colori rosso porpora e verde acquamarina della casa dell'artista – simulano l'intreccio di forme, luci e colori caratteristica dell'ambiente in cui i lavori nascono e si trasformano.

Le opere selezionate per la mostra rendono conto dei diversi motivi pittorici sviluppati dall'artista nel corso degli ultimi anni. Quelle che a noi appaiono come forme astratte, come segni grafici colorati, sono per Vivian Suter elementi concreti del proprio quotidiano, scorci aperti sul paesaggio attorno alla sua casa di Panajachel.

La collezione impermanente #4.0

Quarto appuntamento con la piattaforma di ricerca, espositiva e laboratoriale che dal 2018 mette in risalto la natura ibrida della collezione della Gamec, la mostra presenterà un nuovo allestimento frutto del proficuo scambio attivato con il pubblico nel corso del 2022 in occasione de “La Collezione Impermanente #3.0”, che ha stimolato una riflessione sul ruolo del visitatore e sulla sua relazione con il museo.

La mostra intendeva infatti porre in evidenza il dialogo con i visitatori, chiamati a ricoprire un ruolo attivo attraverso la dichiarazione delle proprie preferenze in relazione alle opere esposte: quale opera avrebbero voluto rivedere in un successivo riallestimento, e perché. I materiali raccolti sono stati oggetto di un'attenta analisi da parte del museo, che ha condotto all'ideazione di un nuovo percorso espositivo che si snoderà in 9 sale tematiche, ciascuna delle quali ruota attorno a una delle opere oggetto delle preferenze dei visitatori. Le opere costruiranno dialoghi inediti con altri lavori selezionati dalle curatrici della mostra, al fine di mettere in evidenza diverse prospettive sull'opera e possibili nuove interpretazioni.

Nell'anno della Capitale Italiana della Cultura i lavori in mostra intendono anche omaggiare la città di Bergamo, nelle esperienze di artisti locali che hanno voluto rappresentarla e in quelle di autori internazionali che, attraverso la loro ricerca artistica, hanno instaurato una relazione con la città e con la Gamec, o ancora grazie ad artisti che hanno studiato e insegnato presso l'Accademia di belle arti G. Carrara, restituendo l'immagine del vivace contesto culturale che da tempo caratterizza la città.

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