Parla l'artista

Mastrovito e la chiesa dell'ospedale: «Nel volto di Cristo si coglie un segno di vittoria»

In occasione della diretta settimanale che Casa Testori propone sui temi dell’arte, l’artista bergamasco è intervenuto per raccontare il grande lavoro realizzato per il luogo di culto al Papa Giovanni

Mastrovito e la chiesa dell'ospedale: «Nel volto di Cristo si coglie un segno di vittoria»
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In occasione della diretta settimanale che Casa Testori propone sui temi dell’arte, l’artista bergamasco Andrea Mastrovito è intervenuto per raccontare il grande lavoro realizzato per la chiesa dell’Ospedale di Bergamo. Ecco quello che ha detto.

Considero un grande dono aver potuto realizzare un’opera come la Crocifissione per la chiesa del nuovo ospedale di Bergamo. E un altro dono l’ho ricevuto lo scorso anno, quando in occasione della Domenica delle Palme, il vescovo è venuto a celebrare la messa mentre a pochi a metri da lì, nelle corsie, succedeva quello che tutti purtroppo sappiamo. Io in quel periodo ero a New York bloccato e lontano, costretto a stare collegato solo via Internet, mentre tutti gli occhi del mondo erano puntati sulla mia città; quella distanza è stata un’esperienza di grande sofferenza e così il gesto del vescovo mi ha davvero riscaldato il cuore e mi ha fatto sentire più vicino.

Quest’opera nasce nel 2011 grazie alla volontà dell’architetto Ferdinando Traversi di farmi realizzare un’opera per le absidi della Chiesa. Sulle pareti dell’unica navata Stefano Arienti stava già incidendo, direttamente sui muri, dei grandi motivi di natura a cielo aperto perché non c’era ancora il soffitto. All’inizio ho pensato di proporre un video, o meglio una videoanimazione. Poi ho scelto di lavorare su una grande installazione a più livelli in vetro, in una prospettiva molto tridimensionale. Ho preparato un modellino in plexigas e l’ho portato al grande maestro vetraio Lino Reduzzi. Ricordo che ci eravamo incontrati in uno dei peggiori bar di Bergamo e quando gli chiesi se secondo lui si poteva fare, mi rispose con un no secco. «Ma noi ce la faremo», mi disse subito dopo.

Abbiamo lavorato tre anni, affrontando la fragilità dei vetri che si spezzavano sempre tra le mani. In quel periodo stavo a New York e appena riuscivo prendevo l’aereo per venire a Bergamo per continuare il lavoro, oltre che per vedere l’Atalanta. Dovevo lavorare sul cosiddetto Gv 19,30, il passaggio del Vangelo di Giovanni dove sta scritto: «Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito». Ho voluto leggere questo passaggio come se nella sofferenza della morte ci fosse già un segno della resurrezione. Nel volto di Cristo si coglie un segno di vittoria, del resto nei racconti della Passione ci sono già i semi della resurrezione.

È stato un lavoro complicato, perché realizzato con la tecnica della grisaille, che non avevo mai praticato. Ricordo che per portare a termine il volto della Madonna, da cui sono partito, ho impiegato più di due settimane. Poi poco alla volta ho preso confidenza con la tecnica e sono riuscito ad affrontare anche le parti più complesse. Alla fine nel giugno del 2014 la chiesa è stata inaugurata. Devo dire da allora che mi sono arrivate tantissime testimonianze di persone che in condizione di grande sofferenza hanno trovato un po’ di serenità in quel luogo e davanti a queste immagini. E non c’è differenza tra chi crede e chi non crede, perché ogni persona sente il bisogno di essere accompagnata in momenti difficili e di essere messa davanti ad un’altra dimensione. La Chiesa dell’ospedale è riuscita in questo per merito di tutti. E devo dire che ha già fatto i suoi piccoli miracoli...».

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