di Emma Marinoni
«Un cartellone è comparso a una manifestazione a Roma: “Volevamo liberare la Palestina, invece la Palestina ha liberato noi”. È un’affermazione che fa riflettere su quello che noi, da popolo italiano, abbiamo vissuto in questo ultimo anno e soprattutto in questi ultimi mesi: di fronte alle crudeltà perpetrate da Israele e alla più che esplicita complicità del nostro governo, la massa si è mobilitata, è scesa nelle piazze, ha bloccato strade, scioperato e risvegliato le coscienze di migliaia di persone».
Così inizia il testo di accompagnamento alla mostra fotografica del liceo classico Paolo Sarpi, in Città Alta a Bergamo, organizzata dalla commissione cinema dell’istituto. Le “commissioni” sono associazioni studentesche indipendenti, che organizzano attività durante le ore extracurricolari (nel caso della commissione cinema, le attività sono principalmente proiezioni di film per gli studenti).
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«Il progetto è nato essenzialmente da un’iniziativa partita dai rappresentanti d’istituto, per cui ci sarebbero stati tre giorni dedicati alla situazione israelo-palestinese. Le varie commissioni, qualora avessero aderito, dovevano occuparsi di realizzare qualche cosa inerente alle attività che si fanno di solito all’interno di queste. Inizialmente doveva occuparsi la commissione arte di questo progetto, ma dato che avevano avuto un’altra idea che già stavano sviluppando ci siamo presi l’incarico noi, visto che la mostra fotografica rientrava anche tra le nostre proposte», racconta Sofia, la studentessa referente della commissione cinema per l’anno scolastico 2025-2026.
Sofia, come molti altri studenti del liceo, si è avvicinata alla questione palestinese prima di tutto dal punto di vista personale, per poi impegnarsi anche a un livello più istituzionale: «Mi sono sempre informata e sentivo che un lavoro abbastanza forte e d’impatto nella nostra scuola, anche sotto forma artistica, avrebbe potuto in qualche modo aiutare a sensibilizzare sulla situazione palestinese. A scuola purtroppo, a meno che non ci sia il professore disponibile a un dibattito e che interviene, non si parla quasi mai dell’argomento. Soprattutto, non si è mai approfondito l’effetto che lo sterminio dei civili palestinesi ha avuto nel mondo, come ad esempio le grandi mobilitazioni in moltissimi Paesi o la Global Sumud Flottilla. Ho pensato che fosse necessario mostrare, agli studenti così come ai professori, quanto le coscienze siano state risvegliate di fronte alle violenze perpetrate da Israele (di fronte anche alla complicità dei leader mondiali) e quanto le “masse” si siano mobilitate e abbiano fatto sentire la propria voce».
Inizialmente, la mostra doveva includere solamente fotografie scattate dagli studenti alle manifestazioni avvenute durante gli ultimi anni, fotografie con «una funzione sia documentaristica che morale, che mostrassero anche momenti rilevanti dal punto di vista umano». Successivamente, si è deciso di affiancarci anche immagini scattate direttamente da reporter e fotografi a Gaza. Queste foto sono state esposte su un pannello centrale, in modo da metterle subito al centro dell’attenzione: «Abbiamo scelto delle foto abbastanza forti perché è una realtà che non può più essere smentita o negata».
Ogni fotografia era accompagnata da una didascalia con scritto “definisci distruzione”, “definisci sofferenza”, “definisci morte”, riprendendo la frase “definisci bambino” pronunciata da Eyal Mizrahi durante il programma Carta Bianca. La mostra è stata poi accompagnata da un testo steso collettivamente dagli studenti che hanno aderito al progetto.
Sofia ha raccontato di come la scelta di utilizzare la fotografia abbia avuto un effetto più d’impatto sugli studenti: «Volevamo in primis mostrare la devastazione e la distruzione che c’è in Palestina non attraverso le parole, ma attraverso foto, qualcosa di concreto e di comprensibile a tutti, ma anche di più immediato. Inoltre, con la mostra, abbiamo contribuito a creare anche una sorta di “prova storica” di un fenomeno importantissimo come quello delle manifestazioni».
In generale, il progetto ha avuto una ricezione positiva: «C’era sempre molta gente davanti ai pannelli, che guardava attentamente e che scattava foto. Molti hanno chiesto chi l’avesse organizzata, perché e si sono dimostrati interessati alla cosa. Tanti dei professori ci hanno fatto i complimenti perché, secondo loro, è stato un modo molto efficace per sensibilizzare sull’argomento». La mostra fotografica verrà esposta anche nelle altre succursali del liceo, in modo da poter essere accessibile anche agli studenti che non fanno lezione nella sede centrale di piazza Rosate.