Sapere il finale non sempre rovina la storia (d’amore)
In “Spoiler Alert” alla fine... lui muore: il film stesso di Michael Showalter ne fa una premessa, come da titolo
di Fabio Busi
Alla fine... lui muore. Lo possiamo dire liberamente, perché il film stesso ne fa una premessa, come anche da titolo: “Spoiler Alert” (di Michael Showalter). La storia di Michael Ausiello e Kit Cowan parla di un amore gay, e lo fa nei termini più sensati possibili: quelli della normalizzazione. Non c'è altro modo, soprattutto a Manhattan, ai piani alti della borghesia. Piuttosto, ci si focalizza su aspetti psicologici trasversali: i traumi della fanciullezza (la perdita della madre, il fatto di essere un ragazzino sovrappeso), le danze e le insicurezze del corteggiamento, i meccanismi a incastro tra due caratteri molto differenti.
La rivendicazione ostentata di un'alterità sessuale non è più necessaria, per fortuna, e quindi il tema passa un poco in secondo piano: le possibili discriminazioni vengono solamente postulate nelle frasi ironiche dei protagonisti, la difficoltà nel rivelare la propria omosessualità ai genitori (per Kit) è sì presente, ma non centrale. Anche il padre più classicamente etero si rivela capace di comprendere ed essere felice della serenità del figlio.
Un'armonia imperfetta, perché gli anni passano e l'amore di Michael e Kit in qualche modo si sfilaccia. Ma ben presto le gelosie e gli screzi vengono dimenticati, messi da parte per far fronte a una criticità ben più grave. Da metà film il focus si sposta completamente sulla malattia di Kit, la lunga, estenuante agonia che colpisce lui e condiziona di conseguenza la vita dei suoi cari.
La trattazione filmica segna alti e bassi, con qualche battuta fuori luogo, ma una notevole capacità di non piangersi mai addosso. Tuttavia, se nella prima parte si poteva apprezzare il senso di realtà, l'autoironia, l'imperfezione, l'approfondimento psicologico, nella seconda (vuoi per la ferita vissuta realmente da Michael, autore del libro alla base del film) le sfumature e la leggerezza lasciano spazio non tanto al dramma, ma a un’eccessiva esaltazione dei valori e delle qualità che il protagonista sfodera di fronte alla malattia del compagno. Non c'è nulla di male in questo, ma tutto quanto risulta un po' prevedibile e forse troppo consolatorio.