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“Working”, la classe operaia non va ancora in paradiso

Obama si chiede se lo Stato non possa fare nulla per applicare dei correttivi alle ingiustizie più accentuate

“Working”, la classe operaia non va ancora in paradiso
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Di Fabio Busi

Working: lavorare e vivere. Due verbi intimamente intrecciati nel documentario disponibile da qualche giorno su Netflix e prodotto dagli Obama. Una visione che non rifugge la complessità di una società come quella statunitense, anzi l’abbraccia nelle sue sfumature minime, nei dettagli concreti, senza pietismo né astio, alla ricerca di una ricomposizione organica.

Prima di postulare, per lunghi tratti la miniserie sembra scrutare semplicemente ciò che accade nelle vite “meccaniche e di piccolo affare” o in quelle delle menti più raffinate d'America. In fondo, non sono così inconciliabili. L'occhio indaga e affonda soprattutto nei sentimenti, nelle aspirazioni e nelle ferite di una manciata di cittadini. Ognuno ha un cruccio, uno sbaglio o un momento epifanico che ne ha segnato la vita. Vivono un po' tutti di conseguenza.

Dai lavori più umili, quelli di servizio, alla classe media, per poi passare agli impieghi dei sogni, quelli creativi, fino ai ruoli dirigenziali, la punta della piramide. Le persone in questione sono così diverse? Forse, a uno sguardo esteriore. Tutti in verità rispondono a stimoli ed esigenze, sopravvivono in qualche modo, anche a loro stessi. I crucci e le difficoltà di un capo d'azienda non sono concetti poi così alieni rispetto alla fatica di una badante nel far tornare i conti e arrivare a fine mese. I battiti dei loro cuori hanno cadenze simili.

Insomma, le ansie e le asperità intercettano le vite di tutti. La felicità segue percorsi differenti, legati a un saper vivere che è ben altra cosa rispetto al saper fare un lavoro. Uomini e donne felici e infelici si trovano ovunque. Forse, il segreto dei primi sta nell'incanalare il proprio vissuto in un ruolo che li faccia sentire utili e gratificati, ma senza che diventi l’unica ragione di vita o un’arma di riscatto.

Semmai, ci si chiede se lo Stato non possa fare nulla per applicare dei correttivi alle ingiustizie più accentuate. Perché quei nove dollari l'ora non possono diventare undici? Dopo questo viaggio alla riscoperta del nostro essere umani (a discapito di quanto vorrebbe invece un certo tipo di potere economico), è così difficile pensare di ridurre un poco quelle abnormi differenze di stipendio?

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