Il film da vedere nel weekend La pazza gioia, nuova perla di Virzì
Regia: Paolo Virzì.
Cast: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Bob Messini, Sergio Albelli, Anna Galiena, Marisa Borini, Marco Messeri, Bobo Rondelli
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.
Paolo Virzì, regista livornese del 1964, è ad oggi una delle voci più interessanti del panorama cinematografico italiano, entro cui si distingue per un piglio assolutamente inconfondibile nel trattamento di vicende attuali e dalla profonda carica empatica. Quando, dopo i primi due film, firma nel 1997 la commedia Ovosodo, c’è chi grida al miracolo. Film di formazione profondamente legato alla dimensione toscana delle sue origini, la vicenda segue con tono ironico e lucidamente cinico il percorso di crescita di un giovane italiano medio, dalla nascita sino all’ingresso nel mondo del lavoro. Muovendosi agilmente in uno spaccato generazionale non facile, Virzì ci restituisce un quadro sincero del Paese che cambia, senza dimenticarne gli aspetti più tragici. A partire da lì il regista sviluppa un proprio preciso sguardo autoriale, che viene mantenuto nei lungometraggi successivi, fra cui vale la pena di ricordare almeno Caterina va in città e il recente Il capitale umano.
Nella sua ultima fatica, La pazza gioia (che arriva in questi giorni in sala), Virzì sceglie due attrici ormai rodate come Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi per mettere in scena un atipico road movie del Belpaese. Le due attrici danno corpo e voce alla vicenda umana di Beatrice e Donatella, rispettivamente mitomane loquacissima e madre fragilissima. Entrambe si incontrano a Villa Biondi, un istituto per sole donne, condannate a trascorrervi per ordinanza giudiziaria un periodo di recupero. Profondamente diverse nel carattere e nella patologia, le due finiscono col fare amicizia prima e con il fuggire poi. Non è un caso che La pazza gioia muova i suoi passi dalla Toscana, terra amata dal regista che, essendoci cresciuto, ne conosce i colori e gli ambienti meglio di tanti altri.
Giocando in casa casa, Virzì riesce a comporre, come nei suoi migliori lavori precedenti, un ritratto complesso delle psicologie dei personaggi attraverso la fusione intelligente e mai scontata di toni scanzonati e drammatici. È come se, procedendo di film in film nell’introspezione delle personalità che porta sullo schermo, il regista riuscisse a trovare la giusta distanza, per restituire, con il minimo sforzo, il maggior numero di dettagli e la maggiore ricchezza drammatica. Ha ragione almeno in parte allora chi vede nei tentativi più maturi del cinema di Virzì un tentativo di aggiornamento dei toni e delle tematiche che furono cari ai maestri della commedia all’italiana.
Ma se fosse tutto qui, forse, non ci sarebbe molto altro da aggiungere. Virzì invece non offre solo un interessante tentativo di rianimazione di un genere che ha fatto la storia del cinema; riesce infatti a raccontare con apparente facilità il dramma dell’Italia contemporanea, con le piccole grandi schizofrenie dei suoi personaggi. Figura prototipica di questa ricerca è senza dubbio la dolcissima professoressa di Ovosodo, che con la sua fragilità mentale ci racconta in estrema sintesi il disagio di un ruolo e di una donna. Sembrano essere proprio le donne la costanza del cinema del talentuoso regista di Livorno: figure fragili ma scolpite con una sensibilità assolutamente poco comune. La pazza gioia è allora un grido d’allarme, la ricerca ossessiva di uno spazio di fuga, di una stanza tutta per sé. Nel complesso il lungometraggio di Virzì è un film assolutamente consigliato, che si lascerà ricordare per la profondità nella costruzione dei personaggi e che per ora si presenta come uno dei migliori titoli italiani dell’anno.