Si continua a sognare

Un tifo epico nonostante il freddo nella sera dei fuochi d'artificio

Un tifo epico nonostante il freddo nella sera dei fuochi d'artificio
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Prendete una mappa, una di quelle cartonate e ruvide andrà più che bene. Chiudete gli occhi, mettete un dito, e sognate. L’Atalanta è ai sedicesimi di Europa League, e se ce l’avessero detto qualche mese fa forse ci saremmo fatti un sorrisetto sbilenco, qualcuno avrebbe alzato le spalle e detto: «Pota, ‘nvederà». A forza di vedere e vedere, a forza di stropicciarsi gli occhi, il popolo dell’Atalanta si è guadagnato questo primo posto nel girone. È bastato un 1-0 contro il Lione, ultimo avversario di questa fase, l’avversario più ostico, il più difficile, che gli undici del Gasp hanno schiacciato come una noce. Lunedì 11 dicembre (ore 13) a Nyon, Svizzera, ci sarà il sorteggio per scoprire chi sarà l’avversaria dei sedicesimi di finale. Ma potete fare già i bagagli, in fondo un posto vale l’altro.

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Di questo parleremo nelle prossime puntante. A Reggio Emilia si è chiuso l’ultimo atto di questo grande spettacolo che è l’Europa League. Al freddo, un freddo che i denti battono e fanno male. Per fortuna che ci sono i piumini della Dea, giubbotti di salvataggio da questo gelo canaglia. Le tribune del Mapei sono un grande oceano blu imbottito di piuma d’oca. Un freddo, insomma, che si combatte saltando, gridando, urlando a più non posso. Persino prima del fischio d’inizio, quando i quindicimila venuti da Bergamo fanno già un gran baccano. E siccome l’entusiasmo è contagioso, ecco che partecipano tutti, anche quelli che la schiena è meglio non sforzarla.

Ha detto bene Spinazzola prima della partita: «Siamo sempre stati al primo posto, non vogliamo smettere adesso». Aveva ragione. E infatti il secondo sussulto è atalantino: un colpo di testa fuori, un «nooooo» (con le «ooo» che diventano un vortice) quando la palla colpita da Cristante finisce di tanto così a lato. I tifosi del Lione - quaranta, cinquanta audacissimi - fanno quel che possono. Ma sovrastare il popolo bergamasco è impossibile. Più che mai in questa notte di gloria.

 

 

Lo sentite il rumore della gioia? Fa più o meno così: «Bergamo-Bergamo-Bergamoooooo». Nessuno risparmia il fiato per quest’ultima partita del girone. Per la vetta. Per l’onore. Per dire a tutti, ancora una volta, che l’Atalanta non è in Europa per caso, ma per andare avanti il più possibile. Lo sentite il rumore della gioia? Sì, eh? Dopo dieci minuti Petagna devia un pallone destinato all’oblio e lo trasforma nel boato più gigantesco che uno possa sentire.

Il sound nerazzurro cresce di minuto in minuto. Più il tempo trascorre e passa in questa dimensione europea, e più l’idea di grandezza si insinua nei pensieri di tutti, della gente, come un bel sogno ad occhi aperti. Qualcuno dice di stare calmi, ma adesso non è il caso di fare i timidi: sognare si può, si deve. Mentre su L’Equipe, il giornale sportivo di Francia, raccontavano le preoccupazioni di Genesio per questa partita che significava primo posto per il club francese, da noi si volava ben più in alto. È il bello dell’Atalanta, che ha ormai imparato dal suo patron Antonio Percassi a guardare oltre l’orizzonte, dove magari non si vedrà nulla ma qualcosa c’è sempre. E nel domani dell’Atalanta c’è splendore, ardore, volontà. Sedicesimi di finale.

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Eppure, contro il Lione, c’è stato anche molto altro. Una coreografia da urlo, con bandierine che sventolano, cori che splendono, famiglie che piangono. I fuochi d’artificio quando scocca il novantesimo. E poi: «Gasperini-e-e, Gasperini-o-o», poteva mancare? Cori, per la bella partita che la squadra del Gasp ha giocato, ancora una volta, in queste primo tratto di strada.  La punizione di Fekir, al 91’, è uno spauracchio da soffocare coi fischi. I cambi di Petagna, Ilicic e Cristante sono l’occasione per rendere loro omaggio (dentro Kurtic, Palomino e de Roon). Il palo di Fekir (91’) una scheggia di paura (l’unica). Altro non c’è. Il resto è storia.

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