A Bergamo aumenta il lavoro flessibile: più del 70% dei lavoratori è precario
L'analisi della Cisl sui dati dell'Osservatorio Provinciale che fanno il punto sulla situazione lavorativa in Bergamasca dal 2019 a oggi
Negli ultimi quattro anni, i lavoratori precari o flessibili rappresentano il 70 per cento delle assunzioni in provincia di Bergamo. Lo rileva l'analisi di Cisl sui dati dell'Osservatorio Provinciale. Confrontando i tre primi trimestri dal 2019 al 2022, infatti, sono stati 412.453 gli avviamenti nel mondo del lavoro in Bergamasca. Di questi, 266.877 si tratta di contratti flessibili, 22.097 incarichi precari e soltanto 123.479 le assunzioni a tempo indeterminato.
«Dai dati - dichiara Danilo Mazzola, segretario provinciale di Cisl Bergamo - emerge con forza come il mercato del lavoro bergamasco attivi annualmente una media di avvallamenti che vanno oltre le 100 ml unità, ma solo nel 30 per cento dei casi sono contratti con un rapporto di lavoro stabile. Inoltre, se si rapporta il dato degli avviamenti flessibili con i 380 mila lavoratori dipendenti (90 mila indipendenti) che compongono il mercato del lavoro bergamasco, la flessibilità dei lavoratori che ogni anno si muove nel perimetro è decisamente significativa».
I dati rivelano che i contratti a tempo determinato (192 mila in totale) sono la formula maggiormente adottata nella nostra provincia. Seguono, a quota 103 mila, le assunzioni "definitive" e poi i contratti di lavoratori somministrati (74 mila). Meno di 20 mila gli avviamenti tramite apprendistato, meno di quanto abbiano raccolto Lsu (lavori socialmente utili), tirocini e contratti a progetto (più di 22 mila).
Situazione lavoro in Bergamasca: qualche percentuale
Risulta quindi in crescita il trend di assunzioni precarie. Se gli avviamenti tra somministrati e tempi determinato erano 64.139 nel 2019, sono passati a 80.200 nel 2022 (+25 per cento) a fronte di ingressi stabili praticamente fermi - dai 29.198 mila del 2019 a 28.241 nel 2022.
Crescono nei quattro anni del 24 per cento le assunzioni a tempo determinato e del 27 per cento in somministrazione; diminuiscono del 3 per cento quelle a tempo indeterminato, ma aumentano del 26 per cento gli apprendistato. Stabili i contratti a progetto, giù del 18 per cento i tirocini e del 31 per cento i lavori socialmente utili.
«La vera sfida per i prossimi anni - conclude Mazzola - anche per la nostra provincia, è cercare di rendere più stabile una parte maggiore degli avviamenti al lavoro che ogni anno vengono effettuati. È necessario far costare di più il lavoro a tempo determinato, in particolare quello di breve durata rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato, e portare a termine la riforma dei tirocini extracurricolari ferma da mesi. Rendere il lavoro più stabile è una delle condizioni per garantire maggiore disponibilità in una fase dove anche le imprese hanno difficoltà a reperire manodopera».