Crisi della Boost: dopo le otto ore di sciopero di oggi, domani (4 agosto) si replica
Il gruppo è in crisi finanziaria. I lavoratori vogliono chiarezza: aspettano ancora il versamento degli stipendi di giugno
L'incontro tra la proprietà del gruppo Boost e i rappresentanti sindacali si è concluso con un nulla di fatto, soprattutto per quel che riguarda il mancato pagamento degli stipendi. Per questa ragione, dopo lo sciopero proclamato quest’oggi, martedì 3 agosto, i lavoratori incroceranno le braccia anche domani per altre 8 ore di sciopero lungo tutti i turni. Inoltre, si riuniranno in presidio fuori dai cancelli dell'azienda a partire dalle 10.
«Dopo un mese non si è mosso nulla e, fino ad oggi, lo stipendio di giugno non è stato ancora accreditato», sottolinea Paolo Galbiati, delegato Fistel-Cisl nella Rsu dello stabilimento bergamasco della Boost.
L’azienda grafica, alle prese con una crisi finanziaria che rischia di compromettere produzione e occupazione, occupa un migliaio di dipendenti suddivisi tra i due stabilimenti orobici di San Paolo d’Argon e Cenate Sotto e quello di Tolentino, nelle Marche. Questa mattina gli 800 lavoratori bergamaschi si sono radunati davanti ai cancelli di San Paolo d’Argon, scandendo slogan e agitando le bandiere dei sindacati che li appoggiano nella vertenza.
«Non capiamo che strada voglia prendere l’azienda – continua Galbiati -, e soprattutto notiamo con grande preoccupazione che tutto quello che circonda il mondo Boost è fermo. L’ azienda e l’amministratore delegato devono fare chiarezza. Se non c’è possibilità di pagare gli stipendi, noi li aspetteremo fuori dagli stabilimenti».
Gli operai hanno anche segnalato casi di colleghi con i conti correnti bloccati, le carte disabilitate e nessuna prospettiva per il futuro.
«Abbiamo sottoscritto a febbraio un accordo al Ministero del lavoro, con un piano di rilancio industriale in equilibrio tra investimenti e ammortizzatori sociali straordinari – conclude Giovanni Sangalli, Rsu di Slc-Cgil -. In quell'accordo, che si sviluppa fino al 2023, si evitavano esuberi grazie allo strumento dei prepensionamenti. Che nessuno pensi a licenziamenti quando abbiamo gli strumenti per evitarli».