Bergamo ha tra i più bassi tassi di occupazione femminile della Lombardia, anche nelle categorie protette: a stabilirlo è un’inchiesta condotta da 8.351 imprese lombarde, con quasi quattro milioni e mezzo di occupati, curata dall’Università di Brescia. I dati evidenziano una serie di significativi divari di genere a partire proprio dal tasso di occupazione, molto più elevato per gli uomini che per le donne. Analogamente, le lavoratrici lombarde occupate in aziende sopra i cinquanta dipendenti soffrono ancora di un importante gap salariale nei confronti dei colleghi.
I dati di Bergamo e provincia
A Bergamo, tra i più bassi tassi di occupazione dell’intera Lombardia: nelle categorie protette, le province che impiegano una quota minore di donne sono Bergamo (38,8 per cento) e Brescia (37,8 per cento), con una media regionale del 45 per cento; in provincia, nella categoria degli operai, la percentuale maschile rappresenta la quasi o la totalità dei contratti a tempo indeterminato.
L’analisi, riportata da Cisl Bergamo, prende in considerazione anche altri indicatori che segnalano tutta una serie di ulteriori criticità. Tra queste, la persistenza di ruoli stereotipati: il ricorso massiccio al part-time da parte delle donne, contrapposto alla più bassa incidenza maschile, e la scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali.
Per quanto riguarda il gender pay gap, ovvero il divario salariale tra uomini e donne, a livello impiegatizio in Bergamasca la differenza tra colleghi maschi e femmine sulle componenti accessorie raggiunge il 47,6 per cento, seconda solo a quella di Sondrio (22,1 per cento). In generale, le province più inique sono, oltre a Sondrio e Bergamo (20,8 per cento), anche Lecco (21,9 per cento) e Milano (20,5 per cento).
Nell’analisi degli strumenti finalizzati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la flessibilità oraria si conferma lo strumento più frequentemente adottato dalle imprese in tutte le province lombarde, con valori generalmente allineati alla media regionale del 74,3 per cento. A Bergamo, trova applicazione solo nel 38,6 per cento delle aziende.
Anche per quanto riguarda i congedi e i permessi ulteriori rispetto a quelli obbligatori, la provincia orobica si classifica agli ultimi posti fra i territori lombardi. L’utilizzo della banca ore a Bergamo arriva al 22,7 per cento delle industrie intervistate, contro il 28 per cento della media regionale.
«Ancora nel 2025, la differenza salariale tra uomini e donne in Italia resta un tema critico e persistente, in particolar modo a Bergamo – dice Luca Nieri, segretario provinciale di Cisl Bergamo -. Serve superare molti fattori culturali, come le aspettative delle donne sul ruolo del caregiver, che si manifesta in disponibilità ad accettare ruoli meno remunerati e di responsabilità o con orari flessibili stabili e modelli organizzativi rigidi».
Sforzo congiunto dei sindacati, ma serve una «volontà concreta»
«A Bergamo – continua il sindacalista di via Carnovali – alla fine del 2024 c’è stato un importante sforzo nel condividere un documento a livello provinciale da Cgil Cisl Uil e Confindustria sulle linee guida per l’implementazione dell’occupazione di giovani e donne, ma ora dobbiamo manifestare una volontà concreta che affronta e supera questi problemi, in una logica di un umanesimo del lavoro costruito sulla caratteristiche delle persone».
Un altro aspetto che evidenzia le difficoltà femminili nella carriera lavorativa in provincia di Bergamo lo disegnano i dati che Inas Cisl ha elaborato su congedi parentali e legge 104. Su poco meno di 3000 pratiche aperte nell’ultimo anno per i congedi di maternità, 2871 sono a carico delle madri, 103 dei padri.
Il panorama non cambia per il congedo parentale a giorni: 1568 le domande accolte per le donne, 621 quelle per gli uomini. Nei permessi a ore, 111 concessi alle madri, 34 ai padri. Nell’ultimo anno, infine, Inas Cisl Bergamo ha portato a termine 7844 pratiche relative ai permessi legati alla legge 104: 4119 sono state presentate da lavoratrici, 3725 da lavoratori.