I bar tradizionali sono sempre meno, anche in Bergamasca. Aumentano i ristoranti
I dati elaborati da Confcommercio Bergamo confermano la crisi del settore. Stabili invece i ristoranti e in ascesa mense, catering e simili
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L'intramontabile, e tutto italiano, modello del bar sotto casa è in crisi. Questo succede non solo nei piccoli paesi, dove il rischio è la desertificazione dopo la chiusura anche dei negozi, ma anche nei centri più grandi e in città. Il discorso vale anche per la Bergamo e provincia, dove da fine 2023 a fine 2024 si sono persi 66 servizi di bar (-2,1 per cento su un totale di 3004).
I dati sono quelli raccolti dall'ultimo Osservatorio Cruscotto Dataviz (al IV trimestre 2024) su elaborazione dati Infocamere Fipe-Confcommercio Bergamo.
Crescita sì, ma non troppo
In generale, il settore dei servizi di ristorazione presenti in Bergamasca può dirsi in leggera espansione. A fine 2024 erano 7.161 le imprese contro le 7.105 del 2023: si contano quindi 56 imprese in più. A essere cresciuti, seppur pochissimo, sono i ristoranti con 38 insegne (+un per cento su un totale di 3707), mentre in forte ascesa sono i servizi di preparazione e fornitura pasti (mense, catering e banqueting, dark kitchen), che crescono di 27 unità (+7,4 per cento).
Tendenza consolidata
Questa è ormai una tendenza che si protrae dal, dal 2019 cioè prima della pandemia. Infatti i bar dal 2019 al 2023 hanno perso 428 imprese (-12,5 per cento), i ristoranti hanno guadagnato 126 insegne (+3,5per cento) e i servizi di fornitura pasti ben 393 aziende (+36,9 per cento). Il modello vincente è quindi Vince il modello flessibile e multitasking che sa diversificare l’offerta a seconda della fascia oraria o della clientela per soddisfare una domanda quanto più ampia possibile. La debolezza del sistema non è evidenziata solo dal saldo negativo di imprese, ma anche dal turnover che è rimasto comunque alto. In quest’ultima fase, si registra l’apertura di ristoranti e la chiusura di bar.
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L'andamento di quest'anno
Tornando ai dati del 2024, i ristoranti sono 3707, pari al 51,8 per cento dei pubblici esercizi, vedono una crescita con 38 insegne in più (+1 per cento) nel 2024. Il settore torna a crescere (nel 2023 rallentava con -42 insegne e -1,1 per cento sul 2022) ma va verso la concentrazione, da un lato con l’affermazione di catene che aprono punti vendita food nei centri commerciali e nei centri storici, dall’altro imprenditori locali investono nell’apertura di nuovi punti vendita, laboratori di produzione, aumentando manodopera e servizi.
La nicchia delle mense
La dimensione media cresce per fatturato e addetti. A seguito della esternalizzazione del servizio dalle imprese pubbliche e private e della tendenza a produrre piatti pronti- il comparto legato alle mense, catering e banqueting (ma anche laboratori e dark kitchen) aumenta anno dopo anno: +27 imprese (+7,4 per cento). Questo segmento rappresenta però una nicchia nel settore, concentrando solo il 5,5 per cento delle imprese complessive. Residuale il numero di esercizi che svolgono servizi di intrattenimento, discopub e locali da ballo, pari a 57 (rappresentano lo 0,8 per cento dei pubblici esercizi), sostanzialmente invariati rispetto allo scorso anno.
Sempre più gelaterie e pasticcerie
Crescono le gelaterie e pasticcerie (387): + 17 imprese (+4,6%), che rappresentano il 5,2 per cento del totale. Un trend positivo specialmente per le imprese che abbinano alla vendita il consumo sul posto. È l’alta qualità della proposta, nel dolce e nel salato, ad attirare nuovi consumatori e a fidelizzare la clientela abituale. L’asporto perde punti vendita: - 15, con 844 insegne (erano 859 nel 2023). Il settore rappresenta il 12% del totale delle imprese della ristorazione, il saldo negativo (-1,7%) evidenzia l’arresto dopo la crescita degli ultimi anni- per effetto anche della pandemia- dell’asporto e delivery, se non accompagnati dalla possibilità di consumare piatti in loco.
Che calo per le imprese giovanili!
Per quanto riguarda la composizione di queste attività, salgono le imprese femminili (+ 0,4 per cento) , mentre continua la contrazione su quelle giovanili che rappresentano poco più dell'undici per cento del totale. Il loro calo è stato molto forte nell’ultimo anno, con un saldo negativo di -29 imprese (-4,5 per cento). Un dato preoccupante per il ricambio generazionale e un segnale di un cambio di prospettiva lavorativo degli under 35, anche per i costi crescenti che l’avvio di un'attività, dal bar all’impresa più grande, porta con sé, con i crescenti costi energetici e le difficoltà di accesso al credito.
Le imprese straniere, 983 sono il 19,5 per cento del totale (erano il 16,2per cento nel 2023, con un balzo del +4,7 per cento, con +44 aziende).
La forma societaria
Il settore presenta 2.785 ditte individuali attive (il 38,9 per cento del totale), 1.836 società Snc e Sas (25,6 per cento) e 2.285 Srl, Srls e Spa (31,5 per cento). Non mancano altre forme 282 (3,9 per cento). Come negli altri settori del commercio, si registra il calo vistoso della costituzione di società di persone a favore delle forme di società di capitale e in particolare della società a responsabilità limitata semplificata (Srls), introdotta nel nostro ordinamento a partire dal 2012 con l'obiettivo di rendere più accessibile e meno costosa la costituzione della società. Le società di capitali hanno un saldo positivo +142 rispetto al 2023, con una crescita del +6,7 per cento. Calano le ditte individuali, che hanno sempre rappresentato la parte predominante del comparto: -1,5 per cento, -41 imprese.
Vincono le micro imprese
Il settore dei servizi di ristorazione è fortemente caratterizzato dalle dimensioni micro e piccole. Il 35,6 per cento delle imprese (2835 esercizi) ha fino a tre addetti (ma la stima è più alta e sfiora il 50 per cento, dato che è alto il numero delle imprese per cui non è disponibile l'informazione sul numero degli addetti); le imprese dai 4 ai 9 addetti sono il 21,9 per cento. Solo il 13 per cento delle imprese (1.038) è di dimensione media (fino a 49 addetti), mentre solo il 2,8 per cento ha un numero di addetti superiore a 50.
Ormai andare al bar è diventato un lusso. Un bicchiere di vino almeno 4 euro, una birra scadente 5 euro, un caffè 1,50, ma credono che la gente normale che fatica a pagare le bollette ci vada tutti i giorni al bar?
Tanti bar vengono acquistati da diverse etnie io frequento 2 bar nel quartiere colognola ed entrambi ottimi... Uno gestito da italiano e uno da cinesi... Ottimi in tutto e soprattutto nell'accoglienza... Dove x fortuna si beve ma si ride ancora come ai vecchi tempi... Altro che centri commerciali e ristoranti wiwa i bar
E' una spesa non da poco. Solo i bancari fanno la colazione al bar ormai...
Secondo me in giro di bar ce ne sono anche troppi. Nello scorso decennio ne hanno aperti dappertutto, tutti illusi di poter fare facilmente i soldi in quel modo. Poi i nodi sono venuti al pettine. Troppi si sono improvvisati imprenditori convinti che sia facile farlo con successo, e poi si sono scontrati con la realtà dei costi e della fatica necessaria, nonché dei rischi di finire in perdita.