Imprenditrici in Bergamasca: conciliare vita e lavoro è difficile, ma confermano la scelta
Il 65 per cento non cambierebbe, anche se le difficoltà non sono poche: «C'è ancora tanto da fare: dalla formazione, all'accesso al credito»

"Quello che le donne (non) dicono" è il titolo - ispirato a una famosa canzone di Fiorella Mannoia - dell'indagine che Confcommercio Lombardia e Terziario donna Lombardia hanno condotto su un campione di 62 imprese femminili dei settori commercio, servizi, ristorazione e ricettività in Bergamasca.
Per riassumere, Confcommercio spiega: «Il quadro che emerge dalla raccolta dati, eseguita tra marzo e maggio 2025, è quello di un tessuto imprenditoriale solido - il 53 per cento delle imprese ha più di vent'anni di storia alle spalle - ma che deve ancora fare i conti con sfide strutturali legate principalmente alla conciliazione vita-lavoro e a residui culturali di "discriminazione"».
Terziario a conduzione familiare
I dati rivelano, anzi confermano, che il settore con la maggiore componente femminile, non solo tra i lavoratori subordinati ma anche tra titolari, soci e amministratori di società, è il terziario. Il campione della ricerca è composto per l'86 per cento da microimprese e per il 14 per cento da piccole imprese, con il 45 per cento delle attività di origine familiare e il 55 per cento avviate in proprio.
Il tempo per gli altri
Sulle donne pesano in particolare i carichi di cura con il 42 per cento delle imprenditrici intervistate ha responsabilità genitoriali o di assistenza, e di queste a sua volta il 42 per cento dedica quotidianamente almeno cinque ore all'assistenza familiare. Un impegno che si riflette inevitabilmente sulla gestione dell'attività: il 56 per cento delle intervistate lavora dalle 8 alle 12 ore al giorno, mentre il 21 per cento supera le dodici ore quotidiane.
E poco tempo per sé
Il tempo libero diventa così un lusso: solo il 24 per cento delle imprenditrici può permettersi più di cinque ore settimanali per sé, mentre il 28 per cento ne ha meno di due. Il risultato è un indice di soddisfazione del work-life balance che si ferma a 5,79 su 10, un risultato non del tutto sufficiente secondo la ricerca. La pressione della conciliazione ha conseguenze concrete anche sullo sviluppo del business: il 44 per cento delle intervistate ammette di aver rinunciato almeno una volta ad espandere la propria attività per paura delle difficoltà organizzative che ne sarebbero derivate.
Tutto questo incide anche sulla parità di genere e soprattutto sulla percezione del 5 per cento delle intervistate di avere «una posizione di svantaggio rispetto agli uomini». Quasi la metà ha vissuto o assistito a episodi di discriminazione sul lavoro, principalmente da parte di altri imprenditori e clienti
«Ancora tanta strada da fare»
Alessandra Cereda, presidente Terziario donna Confcommercio Bergamo, commenta: «C'è ancora tanta strada da fare per risolvere le criticità emerse dal sondaggio, dalla formazione all'accesso al credito alla conciliazione vita-lavoro. C'è chi rinuncia ad ampliare l’attività e a sviluppare nuovi business. Ed è inaccettabile che la pressione della conciliazione tra lavoro e famiglia penalizzi ancora il lavoro al femminile. Così come è intollerabile che la parte spesso migliore, più preparata anche a livello scolastico e più innovativa della forza-lavoro potenziale del nostro Paese resti in panchina. Il contributo giovanile e femminile al Paese permetterebbe di contrastare il gap che l’Italia sconta: la partecipazione femminile italiana è al di sotto della media Ue di quasi 11 punti percentuali, distacco che sale a 15 punti percentuali quando si considera l’occupazione giovanile. Così non si cresce».
Aggiunge Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo: «Il nostro sistema sociale, certamente all'avanguardia nell'assistenza sanitaria, è ancora profondamente scarico di reti e strumenti che aiutino le donne nella conciliazione vita-lavoro».
Atteggiamento positivo
Nonostante le difficoltà, le imprenditrici bergamasche mantengono un atteggiamento positivo: il 65 per cento rifarebbe la scelta dell'auto imprenditorialità, mentre il 26 per cento nutre prospettive di espansione e il 31 per cento punta alla stabilità. Solo il 35 per cento ha una percezione incerta del futuro. Le donne dimostrano inoltre capacità organizzative notevoli: il 69 per cento condivide i carichi di cura con la propria rete familiare e sociale, mentre il 73 per cento dichiara che questi impegni non pregiudicano l'attività imprenditoriale.
Poco digitale
Un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda l'utilizzo del digitale per la promozione del business. Solo il 39 per cento delle imprenditrici utilizza i social media, il 19 per cento combina social e sito web o e-commerce, mentre il sei per cento si limita a sito web ed e-commerce. Un significativo 36 per cento non utilizza ancora canali digitali per promuovere la propria attività.