Lo studio

La Bergamasca settima in Italia per presenze straniere. Per la Cisl «flussi da ripensare e meno burocrazia»

L'immigrazione non è un fenomeno marginale, ma iperburocratizzazione e pregiudizio potrebbero spingere molti lavoratori verso l’irregolarità

La Bergamasca settima in Italia per presenze straniere. Per la Cisl «flussi da ripensare e meno burocrazia»

Bergamo è tra le prime dieci province d’Italia (settimo posto) per presenza di cittadini stranieri: oltre 126 mila residenti, pari all’11 per cento della popolazione.

Lo studio

È quanto emerge dal nuovo Dossier Immigrazione 2025 del centro studi Idos, presentato oggi (martedì 4 novembre) da Cisl, Cgil e Anolf Lombardia. Un fitto lavoro che racconta una realtà ormai parte integrante del territorio.

«Le migrazioni sono un fenomeno non eccezionale, sono connaturate alla vita degli esseri umani: sono 304 milioni i migranti internazionali e l’unione Europea è un approdo sperato e cercato per molti: guerre, carestie, crisi climatiche, economiche, sociali e politiche sono parte determinante delle vite delle persone che noi incontriamo», ha ricordato Candida Sonzogni, segretaria Cisl di Bergamo.

Dietro i numeri, una provincia che cambia: gli stranieri residenti a inizio anno avevano per il 23% un età inferiore a 18 anni e, secondo i dati del Miur, sono il 18% degli iscritti a un istituto scolastico a partire dalla scuola primaria e fino alle scuole superiori, comprese quelle professionali. La prevalenza degli iscritti alle scuole superiori è orientata verso gli istituti tecnici, a seguire i professionali e i licei. Il 60% degli stranieri, inoltre, possiede un permesso di lungo periodo, mentre solo il 10% è in Italia per motivi di lavoro: una presenza stabile, non più emergenziale.

Giovani e regolari in Lombardia

In Lombardia gli stranieri rappresentano il 12,3% della popolazione, con oltre 600 mila lavoratori attivi. Le provenienze principali sono Europa (36,3%), Asia (25,9%), Africa (25,7%) e Americhe (12,1%). Il 21% ha meno di 18 anni, e più di 957 mila persone sono in regola con il permesso di soggiorno, più della metà di lungo periodo.

Numeri che raccontano una regione dove l’immigrazione è ormai parte della normalità: nei cantieri, nelle fabbriche, nei servizi, nelle scuole. Una presenza giovane e regolare, che contribuisce alla crescita economica, ma che raramente trova spazio nel dibattito pubblico.

Non ha ancora la giusta attenzione

«L’Italia ha un bisogno crescente di giovani e di lavoratori per contrastare il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione, ma risponde con la chiusura delle frontiere e una gestione inefficace degli ingressi per lavoro, che ostacola l’immigrazione regolare invece di favorirla – spiega Maurizio Bove, presidente di Anolf Lombardia -. E mentre l’attenzione pubblica resta concentrata sugli sbarchi, milioni di stranieri, presenza stabile e vitale nelle nostre comunità, continuano a scontare la mancanza di politiche capaci di arginare le discriminazioni e costruire veri percorsi di inclusione».

Cisl: «Meno burocrazia»

Per la Cisl Lombardia, il problema però non sono i numeri, ma le regole. Il sistema dei flussi, spiegano da Cisl, è lento, inefficace e spesso contraddittorio, tanto da spingere molti lavoratori verso l’irregolarità. La burocrazia, più che un filtro, è diventata un ostacolo: chi vuole rispettare le norme finisce per perdersi tra moduli e attese infinite. Secondo il sindacato, serve una riforma vera, che renda più semplice l’ingresso e la regolarizzazione, valorizzando chi lavora e vive stabilmente in Italia.

«Il sistema degli ingressi in Italia va sostanzialmente ripensato anche quando si parla di flussi di lavoro che oggi sono inefficaci e rischiano di generare solo illegalità e sfruttamento. Gli strumenti ci sono, vadano normati per il bene delle persone e delle nostre comunità. Ma non è solo la complessità e iperburocratizzazione degli ingressi. Tante altre sono le questioni sul tavolo, come il problema della casa rispetto al quale non è solo la questione economica, ma il pregiudizio a rendere difficilmente fattibile acquisto e affitto», ha detto Sonzogni.

Scuola e cittadinanza 

Il dossier dedica attenzione anche ai più giovani. In Italia il 68 per cento degli studenti stranieri è nato qui, una percentuale che nella scuola dell’infanzia supera l’80 per cento. Da qui la proposta di rilanciare lo “ius scholae”, per riconoscere come italiani i ragazzi che italiani lo sono già nei fatti, cresciuti nelle stesse classi e nelle stesse comunità.

«Poniamo l’attenzione sulla questione dello ius scholae, per noi minimo sindacale per riconoscere la cittadinanza sistematica a chi, soprattutto minori nati in Italia, ha compiuto un regolare percorso di studi in Italia. Il 67,8% degli studenti stranieri nel nostro Paese è nato sul territorio italiano con un picco dell’84% nella scuola d’infanzia. Riconoscere la cittadinanza a questi bambini e ragazzi che scrivono e parlano in italiano sarebbe un segno importante per costruire le nostre comunità di oggi di domani. Bisogna andare oltre la narrazione strumentale che oggi spopola e fa di certi fatti e situazioni la regola», conclude Sonzogni.