Crisi

La Casadio chiude lo stabilimento di Ghisalba: lavoratori in sciopero

La storica azienda del gruppo Cimbali annuncia il trasferimento delle attività. Sindacati contrari: «Colpo duro per i dipendenti e il territorio»

La Casadio chiude lo stabilimento di Ghisalba: lavoratori in sciopero
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La Casadio, realtà storica nel panorama della produzione di macchine professionali per caffè espresso e macinadosatori di alta gamma, ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Ghisalba, in via Provinciale. Parte del Gruppo Cimbali, l’azienda impiega attualmente 34 dipendenti diretti e 12 lavoratori interinali, come riporta PrimaTreviglio.

La comunicazione è arrivata nei giorni scorsi alla Rsu aziendale e ai rappresentanti sindacali di Fim Cisl Bergamo e Fiom Cgil Bergamo: entro fine 2025, la sede bergamasca cesserà la produzione, con il conseguente trasferimento del personale in altre sedi del gruppo, situate a Cappella Cantone (Cremona), Binasco (Milano), in Veneto, in Svizzera e in Francia.

La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno tra i lavoratori, che - pur consapevoli delle difficoltà del settore e della contrazione della produzione - non si aspettavano la chiusura di uno stabilimento attivo da oltre vent’anni.

Scatta la mobilitazione sindacale

Le organizzazioni sindacali hanno espresso immediatamente la loro contrarietà alla decisione, chiedendo all’azienda di riaprire il confronto ai primi di settembre, dopo la pausa estiva, con l’obiettivo di scongiurare la chiusura e rivedere la distribuzione delle attività tra gli stabilimenti del gruppo, così da tutelare i posti di lavoro a Ghisalba.

Al termine delle assemblee con il personale, è stato dichiarato lo stato di agitazione e proclamato un primo pacchetto di otto ore di sciopero: due ore a fine turno il 30 e 31 luglio, e quattro ore nella giornata del 1° agosto.

«È essenziale che l’azienda faccia un passo indietro e mantenga attivo il sito di Ghisalba – dichiara Alessio Pastore, Fim Cisl Bergamo –. Questa scelta, arrivata alla vigilia della chiusura estiva, ha colto tutti di sorpresa e rischia di generare grandi difficoltà per le famiglie coinvolte, oltre a rappresentare un ulteriore segnale di impoverimento industriale per il nostro territorio».

Anche Marzia Giannuzzi, Fiom Cgil Bergamo, sottolinea la necessità di un cambio di rotta: «Nel corso dell’incontro in cui dovevamo discutere altri temi, l’azienda ci ha comunicato l’intenzione di trasferire l’intera produzione in sedi come Binasco e Cappella Cantone. Riteniamo fondamentale rivedere il piano industriale, tutelare i 34 dipendenti e garantire la continuità produttiva sul sito bergamasco. Intanto abbiamo proclamato otto ore di sciopero distribuite su tre giornate prima della pausa estiva».