La protesta delle lavoratrici ex Legler fuori dal negozio di Calolziocorte: «Vogliamo i nostri soldi»
«Quando hanno chiuso ci avevano detto che le serrande si sarebbero rialzate entro 20 giorni, poi giugno, ora settembre. Ma di concreto non c'è nulla»
di Mario Stojanovic per PrimaLecco
«Vogliamo i nostri soldi» si leggeva sul drappo bianco appeso fuori dallo storico punto vendita ex Legler di Calolzio questa mattina, martedì 2 agosto, durante il presidio organizzato dalla Cgil. Ma l'implorazione delle storiche lavoratici del negozio era anche e soprattutto: «Ridateci il nostro lavoro, la nostra dignità». Sì, perché le otto dipendenti da maggio, quando le serrande del market di corso Dante si sono abbassate, sono "a casa" e da aprile non vedono il becco di un quattrino.
È stato Rino Maisto, funzionario sindacale della Filcams Cgil Lecco, a ricostruire la complessa vicenda della ex Cooperativa Legler che è stata messa in liquidazione nel 2021. La storica azienda, fondata nel 1901 a Ponte San Pietro dal proprietario del cotonificio Matteo Legler, era in concordato preventivo già dal 2019. Legler ha chiuso il comparto tessile (rilevato recentemente da una grossa società cinese) famoso e importante anche per Calolzio «tenendo invece aperto, attraverso un trasferimento d'azienda, il ramo alimentare».
In particolare, il punto vendita di Calolzio (così come quelli di Ponte San Pietro e quello di Treviolo) nel luglio del 2021 è stato rilevato dalla società Armonie Spa. Ma nel giro di poco tempo sono iniziate le prime criticità. Dall'inizio del 2022 i negozi sono rimasti vuoti e carenti di merce. Sono iniziati i ritardi nei pagamenti e poi, nel maggio di quest'anno, i punti vendita hanno abbassato le serrande, gli stipendi non sono stati più corrisposti e contemporaneamente Armonie ha ceduto a un'altra società, la Sinergie Srl, che ha il medesimo legale rappresentante. E non è finita qui perché, come in un gioco di scatole cinesi, c'è stato un ulteriore trasferimento dei tre punti vendita ad un'altra società denominata Mb Srl.
«Le lavoratrici calolziesi sono impiegate in questo punto vendita dal 1990 - ha sottolineato Maisto -. Oggi vogliamo pubblicamente denunciare la situazione surreale che stanno vivendo queste persone. Speriamo che con questo presidio qualcosa si smuova e che Comune e istituzioni competenti ci diano un aiuto a salvaguardare l'occupazione di queste donne che hanno anche una certa anzianità di servizio e questo non rende certo facile una loro ricollocazione».
«Siamo senza lavoro, senza stipendio e non sappiamo cosa fare - spiegano le donne -. Ci danno false speranze e continuano a rimandare le date della riapertura. Quando il negozio è stato chiuso ci avevano detto che le serrande si sarebbero rialzate entro 20 giorni, poi giugno e poi settembre. Ma di concreto non c'è nulla. In queste condizioni non possiamo nemmeno cercarci un altro posto di lavoro e noi abbiamo bisogno di lavorare».
Una situazione che, come detto, che non riguarda solo Calolzio, ma anche i punti vendita della Bergamasca. Diciannove in tutto, come ha ricordato Matteo Errico, funzionario sindacale della Filcams Cgil Bergamo presente oggi al presidio, le famiglie che vivono con una grossa incognita sulla testa. «Sosteniamo i 19 lavoratori che, tra Calolzio, Ponte San Pietro e Treviolo, ancora oggi stanno aspettando gli stipendi arretrati da aprile e che dal 2 maggio, quando i negozi sono stati chiusi, sono senza un lavoro. Non hanno alcuna certezza. In teoria la ripartenza era fissata per il 20 luglio. Oggi siamo ad agosto, queste persone non hanno i loro soldi, non sanno che ne sarà del loro futuro e noi non abbiamo alcuna risposta. Per altro non mancano difficoltà ad avere una interlocuzione con la proprietà».