La mobilitazione

Larga partecipazione allo sciopero alla Claypaky di Seriate, i sindacati: «Rischio di ripercussioni sociali»

I lavoratori hanno incrociato le braccia ieri (giovedì 11 dicembre), per protestare contro i licenziamenti e la delocalizzazione produttiva

Larga partecipazione allo sciopero alla Claypaky di Seriate, i sindacati: «Rischio di ripercussioni sociali»

Ad anticipare lo sciopero generale di questa giornata, si è svolto ieri (giovedì 11 dicembre) lo sciopero di due ore, dalle 10.30 alle 12.30, con presidio davanti alla Claypaky di Seriate.

Larga è stata la partecipazione, per protestare contro la decisione della Direzione di interrompere il rapporto di lavoro con 24 lavoratori in somministrazione, oltre che l’intenzione di spostare tutta la produzione in Cina, agli stabilimenti della capogruppo Ek.

Un presidio partecipato

«È stata una mobilitazione molto partecipata, che dimostra quanto questa vertenza sia rilevante per l’intero territorio. Le decisioni assunte dalla Direzione stanno già assumendo tratti drammatici, con il rischio nell’imminente futuro di ulteriori pesanti ripercussioni occupazionali e sociali, anche per il territorio», hanno commentato Fim Cisl e Fiom Cgil.

«Il 2026 sarà l’anno del cinquantesimo anniversario della nascita dell’azienda: una storia che è stata ricca di successi grazie al contributo dei lavoratori, ma che adesso viene spazzata via. È necessario che l’azienda continui a mantenere la produzione a Seriate, investendo e assegnando nuovi prodotti, così da salvaguardare l’occupazione. Il piano che la Direzione sta pubblicizzando sta di fatto comportando solo una riduzione di personale e nessuna certezza per l’immediato futuro».

Le intenzioni dell’azienda

In seguito alle critiche delle sigle, la scorsa giornata, Claypaky aveva replicato che avrebbe investito di più in Italia nelle aree Marketing, Vendita e Post-Vendita, dando al tempo stesso un’importanza ancora maggiore alla Ricerca e sviluppo. Al tempo stesso, si è impegnata a ridurre il più possibile l’impatto sociale che i licenziamenti, nell’area di produzione e assemblaggio, avrebbero potuto comportare.

Rimane il fatto che, almeno per quanto ha fatto capire la società con la sua risposta ai sindacati, sembra che per gli operai bergamaschi le speranze di vedere conservato il posto di lavoro siano molto esigue. Questo anche perché appare evidente, almeno in queste intenzioni, la volontà di accentuare la delocalizzazione della fase produttiva all’estero. In questo senso, il timore che serpeggia è che nella realtà di Seriate avvenga una vera e propria chiusura dell’area produttiva.