Il report Cisl

L'enclave Sikh in Bergamasca: 1.200 sono impiegati nelle aziende agricole, tanti nella Bassa

Nel settore lavorano 6mila stranieri, 2.500 extra Ue. Gli immigrati soddisfano la richiesta di manodopera delle imprese

L'enclave Sikh in Bergamasca: 1.200 sono impiegati nelle aziende agricole, tanti nella Bassa
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I Sikh alla festa del Nagar Kirtan a Romano nel 2019

La metà dei lavoratori agricoli in Bergamasca sono stranieri e la maggior parte di questi sono indiani Sikh.

Il dato arriva dal report “Made in Immigritaly-Terre, colture, culture”, commissionato da Fai Cisl e realizzato dal Centro studi confronti sui lavoratori immigrati nell'agroalimentare italiano, introdotto oggi (giovedì 17 ottobre) da Gianluigi Bramaschi, segretario provinciale, ai lavori del convegno dedicato al tema.

I sikh il gruppo più numeroso

Nel nostro territorio, negli ultimi anni, sono state fatte quasi quindicimila assunzioni nel settore agricolo, la gran parte concentrate nella fascia d’età tra i 20 e i 39 anni. Tra i dipendenti, il 45 per cento è italiano, il cinque per cento originario di un Paese dell’Unione europea e il cinquanta per cento extra Ue. Inoltre, gli italiani vengono maggiormente impiegati nelle fasce d’età più giovani (15-19 e 20-24 anni) e meno giovani (55-59 e 60-64 anni).

Nella ricerca, emerge chiaramente come la Bassa sia uno dei siti più importanti per presenze di aziende della filiera lattiero casearia e la provincia, in regione, è la terza per attività di trasformazione del latte in derivati. Da noi sono occupati oltre seimila operai immigrati e, di questi, quasi 2.500 sono extracomunitari. Il gruppo dei Sikh, con quasi 1.200 occupati, è senza paragone il più grande in assoluto tra quelli impiegati, soprattutto nella Bassa nell'allevamento dei bovini, meno soggetto a stagionalità e precarietà.

Una enclave nella Bassa

Proprio loro hanno saputo cogliere al volo la domanda di nuovi bergamini nella pianura orobica. Il rischio di scomparsa della figura del pastore ha comportato che l’immigrazione straniera, soprattutto quella indiana, abbia infatti contribuito a salvare produzione e strutture produttive, dal momento che le fasce più giovani della popolazione locale si sono orientate verso altri impieghi congruenti con la loro formazione, oltre a cercare stili di vita slegati dalle fatiche agricole e dalla cura degli animali.

L’area della Bassa inoltre ha dimostrato una certa ospitalità, mettendo a disposizione locali e strutture a rischio di spopolamento a prezzi accessibili. Insomma, una nemmeno troppo piccola “enclave” Punjabi ha trovato casa e lavoro tra i cascinali e le aziende agricole del luogo.

Secondo Fai Cisl, come spesso ribadito dal segretario nazionale Onofrio Rota a tutti i tavoli contro il caporalato, è necessario rendere più efficace la lotta al sommerso e allo sfruttamento, anche attraverso l’incrocio delle banche dati. Per il sindacato si deve anche prevedere percorsi di emersione per gli stranieri che denunciano casi di sfruttamento, anche attraverso l’assegno di inclusione, favorendo così una vera immigrazione regolare e costruttiva.

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