giovedì 11 febbraio

Novem Car Interior di Bagnatica: altre 8 ore di sciopero. A rischio 60 posti di lavoro su 115

L'azienda ha comunicato la volontà di delocalizzare in Slovenia il 90 per cento della produzione. Nello stabilimento bergamasco resterebbero soltanto i servizi dedicati ai clienti

Novem Car Interior di Bagnatica: altre 8 ore di sciopero. A rischio 60 posti di lavoro su 115
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Dopo lo sciopero indetto lo scorso 28 gennaio, al quale aveva aderito la totalità dei dipendenti, domani (giovedì 11 febbraio) i lavoratori della Novem Car Interior di Bagnatica torneranno a incrociare le braccia per altre 8 ore.

La mobilitazione è stata fissata in risposta alla decisione da parte dell’azienda, comunicata a fine gennaio, di trasferire il 90 per cento della produzione nello stabilimento di Žalec, in Slovenia. Questa scelta metterebbe a rischio fino a 60 posti di lavoro, oltre la metà dei 115 attuali, visto che in provincia di Bergamo resterebbero solo i servizi dedicati ai clienti: ossia i processi di assemblaggio, selezione e spedizione delle componenti interne delle automobili.

«Dopo il primo sciopero abbiamo incontrato l’azienda il 3 febbraio – spiegano Luciana Fratus della Fillea-Cgil e Massimo Lamera di Filca-Cisl di Bergamo -. Purtroppo è stata confermata l’intenzione di delocalizzare le linee produttive. Non permetteremo che una realtà come quella di Novem venga dimezzata nel numero di lavoratori, magari rischiando, fra 3 o 4 anni, di scomparire del tutto. Nelle assemblee concluse poco fa i lavoratori ci hanno dato il mandato di proclamare una nuova mobilitazione».

Nel frattempo, martedì sera (10 febbraio) si è svolto un confronto tra sindacati, i parlamentari bergamaschi Antonio Misiani ed Elena Carnevali per il PD, Guia Termini per il Movimento 5 Stelle e Daniele Belotti della Lega, oltre al sindaco di Bagnatica Roberto Scarpellini. «Nell’incontro abbiamo condiviso l’impegno di fare pressioni sia presso il MiSE sia presso l’ambasciata tedesca in Italia». Il gruppo Novem, infatti, ha la sua sede centrale in Baviera.

Già lo scorso anno l’azienda aveva annunciato una trentina di esuberi e 18 lavoratori avevano scelto l’esodo volontario. In seguito era stato avviato un contratto di solidarietà, poi sospeso visto l’utilizzo della cassa integrazione Covid.

In una lettera indirizzata nelle scorse settimne all’amministratore delegato del Gruppo, Günter Brenner, i sindacati hanno sottolineato la necessità di «investimenti produttivi strutturali importanti e di ricerca e sviluppo, utilizzando risorse interne e anche pubbliche, magari attraverso il Recovery Fund. Per sostenere la crescita della produttività, il decreto Rilancio del Governo ha già messo a disposizione delle imprese altri fondi per fronteggiare questo momento particolarmente complicato. In secondo luogo, crediamo sia strategica la scelta di convogliare nello stabilimento di Bergamo commesse di clienti diversi da FCA, come in passato è già stato fatto».

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