Si aggrava la crisi della filiera lattiero-casearia nella Bergamasca
A distanza di due mesi dagli accordi di luglio, nessun segnale di ripresa. A incidere la situazione internazionale e l’aumento del costo dell’energia

«Benché gli accordi di luglio sul prezzo del latte alla stalla avessero portato qualche speranza di ripresa per un settore strategico dell'economia agricola nazionale, a distanza di meno di due mesi la filiera lattiero-casearia non dà alcun segnale di ripresa – ha dichiarato il segretario provinciale di Confai (Confederazione agromeccanici e agricoltori italiani) Bergamo, Enzo Cattaneo -. La crisi del comparto si acuisce costantemente mettendo ancor più in evidenza la drammaticità di una situazione segnata dagli effetti dell'incremento del costo dell'energia e dalla complessiva congiuntura internazionale».
Sono quindi sempre maggiori le difficoltà con cui si confrontano gli allevatori di bovini da latte in provincia di Bergamo e sull'intero territorio lombardo. Unendo la propria voce alle preoccupazioni diffuse in questi giorni da altre associazioni del settore, la confederazione ha ricordato il ruolo fondamentale della zootecnia bergamasca, che totalizza una produzione di latte annua di oltre 3,4 milioni di quintali e si caratterizza da sempre per un alto livello qualitativo delle produzioni. A livello lombardo la produzione lattiera ha quasi raggiunto la soglia dei 60 milioni di quintali annui.
«Pur a fronte di produzioni d'alto pregio e di una riconosciuta funzione di presidio territoriale – ha affermato Leonardo Bolis, presidente di Confai Bergamo e Lombardia - i nostri allevamenti sono in grande sofferenza a causa degli incrementi dei costi nell'alimentazione dei bovini e in tutte le principali funzioni di gestione aziendale. Nell'agenda del prossimo governo dovrà necessariamente trovare spazio una serie di misure che stimolino più efficaci accordi di filiera tra produttori e trasformatori, così come una profonda riflessione istituzionale sulla questione dell'equa remunerazione del latte alla stalla».
Tra gli aspetti di fondo, ha sottolineato l’ente, rimane comunque la questione delle dimensioni aziendali del settore italiano delle produzioni animali, minori rispetto alla media europea. Una maggiore integrazione tra gli attori della filiera e un potenziamento del ruolo del contoterzismo agrario (cioè le imprese del primario che per conto di terzi fanno lavorazioni con strumenti agromeccanici, ndr), al fine di favorire ampie economie di scala, rimangono priorità ineludibili in vista della ricerca di soluzioni strutturali.