Vendite di vino e birra cresciute del 16% nei negozi (e superalcolici a più 10%)
Con il lockdown gli acquisti nei negozi di alimentari sono andati generalmente bene (ma non in centro e Città Alta): fino a più 30% con le consegne a domicilio, dice Ascom
Un anno segnato dalla pandemia, il 2020. Negativo anche per l’economia e soprattutto per il commercio. Ma i negozi di alimentari, causa la clausura forzata (lontana dai ristoranti) per molte settimane, hanno fatto registrare dati positivi, perché non tutti hanno tramutato il pranzo fuori in un asporto: a questo punto, meglio darsi alla cucina, o comunque arrangiarsi da sé. E la materia prima serve.
Quindi, come sottolineato in un articolo oggi del Corriere della Sera Bergamo, per il settore i ricavi sono aumentati, con punte del 20% e del 30% in primavera, con le consegne a domicilio in pieno lockdown, e a Natale. Questo soprattutto nei paesi e in periferia, mentre centro, Città Alta e in generale le località turistiche hanno risentito dello smart working e del crollo del turismo, sottolinea il direttore di Ascom Oscar Fusini.
Il numero limitato di attività che hanno chiuso è un controprova di questa tendenza. Il comparto alimentare al dettaglio ha fatto registrare una discesa di pochissime unità rispetto all’anno precedente: hanno definitivamente abbassato le saracinesche 35 imprese su un totale di 1751.
In media i ricavi sarebbero aumentati di un 15% nei negozi di alimentari generici, con più 11% per i macellai, più 8% per i panificatori e più 6% per il commercio di frutta a verdura (con ben 9 aperture nel giro di 12 mesi). Sono i dati che emergono dalla prima rilevazione statistica sul 2020 di Ascom Bergamo.
C’è stato inoltre, prevedibilmente, un boom di prodotti tipicamente consumati in bar e ristoranti: le vendite di bibite sono schizzate in alto (più 20%), seguite da vino e birra (più 16%) e superalcolici (più 10%).