La protesta

Vigilanza privata in sciopero, presidio davanti alla Prefettura: «Ora basta, contratto subito»

I sindacati lamentano stipendi bassi e mancanza di tutele, oltre che l’eccessiva richiesta di flessibilità e reperibilità

Vigilanza privata in sciopero, presidio davanti alla Prefettura: «Ora basta, contratto subito»
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Sciopero per l’intero turno dei lavoratori della vigilanza nella giornata di oggi (lunedì 29 agosto), nella quale ha avuto luogo anche un presidio davanti alla Prefettura di Bergamo.

I sindacati denunciano la situazione, a loro dire drammatica, in cui versa il settore, oltre allo stato di sofferenza e di profondo disagio dei lavoratori e delle lavoratrici che sono da sette anni senza un aumento salariale, con stipendi insufficienti, di fronte alla costante violazione delle norme di legge e dei contratti anche in tema di salute e sicurezza e alla cronica carenza di tutele adeguate rispetto all’evoluzione del settore.

«La situazione dei lavoratori e delle lavoratrici della vigilanza, che nella sola Lombardia sono ben più di 20 mila e circa 2 mila in provincia di Bergamo, è drammatica – hanno dichiarato Mario Colleoni, Claudia Belotti e Anila Cenolli, segretari provinciali rispettivamente di Cgil, Cisl e Uilctus -. A peggiorare una condizione già gravata da salari lontani dal poter essere considerati dignitosi, ci sono le difficili condizioni lavorative alle quali sono sottoposti molti addetti, costretti a subire turni e orari improponibili».

Per molti lavoratori del settore, secondo i sindacati, flessibilità e reperibilità sarebbero una costante, con datori che non di rado comunicano cambiamenti di turno con un anticipo di poche ore, spesso il giorno stesso o a turno già iniziato. «Non è ammissibile – continua la nota congiunta - che nel nostro Paese ci siano così tanti lavoratori con contratti collettivi spesso scaduti da anni e che pur lavorando sono, di fatto, poveri: nel settore sicurezza non è raro vedere dipendenti che, nonostante lavoro festivo e turni notturni, arrivano a prendere ben meno di 1.500 euro netti al mese».

Le sigle accusano le istituzioni di non esercitare, anche in presenza di gravi violazioni, la funzione di controllo e intervento loro assegnata dalle norme vigenti. Il problema per i rappresentanti è causato anche dai contratti di appalto pubblici e privati, in cui la mancata definizione di norme adeguate per la tutela della professionalità e dell’occupazione espone migliaia di persone alla logica del massimo ribasso.

«Non è più tempo di rimandare se si vuole tutelare la dignità del lavoro e difendere il potere d’acquisto dei cittadini, oggi messo a dura prova anche dall’inflazione. È fondamentale agire per trovare una soluzione affinché ci sia una diversa distribuzione della ricchezza che oggi vede un modello iniquo che sfavorisce soprattutto coloro che vivono da reddito dipendente, pensionati e autonomi. È ora di agire: le persone non sono numeri e come tali hanno bisogno di risposte».

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