Con il trailer

Il film da vedere nel weekend Man in the dark, paura al buio

Il film da vedere nel weekend Man in the dark, paura al buio
Pubblicato:
Aggiornato:

Regia: Fede Alvarez.
Cast: Jane Levy, Dylan Minnette, Stephen Lang, Daniel Zovatto, Jane May Graves, Sergej Onopko, Katia Bokor, Jon Donahue, Brak Little, Christian Zagia, Emma Bercovici, Michael Haase, Dara Iruka, Nickolai Stoilov.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Fede Alvarez è uno dei nuovi nomi del cinema thriller-horror americano. Lanciato dal buon remake del classico La Casa di Sam Raimi, il cineasta originario dell’Uruguay si è lasciato apprezzare in quell’occasione soprattutto per la calibratissima capacità di aggiornare, senza snaturare, il celeberrimo film di culto. Lo ritroviamo in sala con il suo secondo lavoro in qualità di regista (mentre stiamo ancora aspettando il nuovo La Casa 2), con atmosfere meno splatter e più vicine al thriller d’atmosfera. Nei panni dell’antagonista è stato chiamato il sempre esaltante Stephen Lang che, nonostante la sua età anagrafica (64 anni), ha all’attivo una carriera cinematografica invidiabile. Qui poi dà il meglio di sé e fornisce un’interpretazione credibile per una parte estremamente complessa dal punto di vista psicologico e non solo.

1
Foto 1 di 4
5
Foto 2 di 4
59172_ppl
Foto 3 di 4
man-in-the-dark
Foto 4 di 4

Protagonista della vicenda è Rocky, una ragazza insofferente che per racimolare i soldi necessari ad abbandonare Detroit e la famiglia, si mette a svaligiare appartamenti con il fidanzato e un amico. Il loro piano si rivela in effetti decisamente efficace, almeno fino a quando decidono di intrufolarsi nella casa di un ex-reduce del Golfo. Il colpo sembra perfetto, l’uomo è cieco a causa di una vecchia ferita e apparentemente è molto ricco. Vinte le riserve morali i tre decidono di tentare l’impresa, ma si accorgeranno a loro spese che l’inquilino è cieco, ma certo non indifeso.

Dopo essersi lanciato nell’esercizio di stile de La Casa, Alvarez torna in sala con un film che pare appartenergli di più e che riesce a tenere incollato lo spettatore allo schermo (e alla poltrona). Le premesse, per essere onesti, erano forse non proprio incoraggianti: il budget stanziato per il progetto era in effetti piuttosto limitato. Ma come per altri casi di successo (The Blair Witch Project, Paranormal Activity) la natura contenuta dei mezzi a disposizione deve aver stuzzicato l’ingegno del regista, che basa la propria messa in opera soprattutto su un ottimo soggetto, trasformato per l’occasione in una sceneggiatura complessa e ben studiata.

 

stephen-lang-man-in-the-dark

 

L’equilibrio narrativo è in effetti uno dei punti di forza del film: Alvarez è stato molto abile a far partire la storia in sordina, per poi inanellare una sequela di colpi di scena che, in una rocambolesca escalation, conduce al finale in un continuo crescendo. Man in the dark è un prodotto ibrido, che attingendo a piene mani da sotto-generi consolidati del filone horror riesce a ritagliarsi un proprio spazio di manovra all’interno del mercato contemporaneo. Così il gioco a guardia e ladri messo in scena dai protagonisti si tramuta ben presto in una lotta impari ed eticamente indecidibile. Le demarcazioni fra bene e male appaiono qui quanto mai appannate: il veterano è vittima dell’effrazione ma si rivela un sanguinario aguzzino; i ragazzi sono le sue prede, ma il loro comportamento è moralmente riprovevole.

Vero e proprio marchio di fabbrica del film sono poi le (belle) scene girate con la camera infrarossa, che fende artificialmente il buio creato dal villain per rimettere in parità il gioco con i ladruncoli. Nel complesso, Man in the Dark, pur presentandosi come un film che si muove risolutamente all’interno del cinema d’intrattenimento e che non ha particolari pretese autoriali, risulta un’opera pienamente convincente e che senza dubbio troverà il favore del pubblico.

Seguici sui nostri canali