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Il film da vedere nel weekend "Necropolis", un horror a Parigi

Il film da vedere nel weekend "Necropolis", un horror a Parigi
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I cinefili più accaniti attendono sempre con ansia le nuove uscite della settimana e ormai l’offerta è tanto variegata da riuscire a soddisfare più o meno chiunque. Attualmente le nostre sale offrono un buon assortimento di titoli, dal drammatico (Resta anche domani, Colpa delle stelle) a titoli di puro intrattenimento (Tartarughe Ninja). C’è però, in mezzo a tutta questa scelta, un film americano, che non è riuscito, sembra, a colpire particolarmente il pubblico italiano. Si tratta di Necropolis: La città dei morti, pellicola horror diretta da John Eric Dowdle, che forse avrebbe meritato una maggiore considerazione. Tutta il film si regge sul meccanismo del found footage, una strategia registica decisamente abusata ultimamente ma che, se saggiamente utilizzata, può in certi contesti aumentare in maniera esponenziale l’immersività del film garantendogli una cornice di realismo molto forte. In pratica si tratta di fingere che le immagini proiettate sullo schermo non siano orchestrate da un regista, ma che siano state riprese dagli stessi protagonisti. Si tratta di uno stratagemma che ha avuto origine nel cinema di genere di qualche decade fa (uno fra i primi ad utilizzarlo fu Ruggero Deodato), ma che con autori come Peter Tscherkassky ha dato esiti notevoli anche nel cinema sperimentale.

Il problema del found footage è che, appunto, è diventato di recente una specie di moda, di canone fisso dell’horror e della fantascienza in particolare americana. Esistono per fortuna le eccezioni e Necropolis, probabilmente, è proprio una di queste. La vicenda è piuttosto convenzionale: un gruppo di ricercatori ed esperti si introduce nelle catacombe sotterranee di Parigi, cercando di trovare una misteriosa stanza segreta. Il film mostra quindi una discesa nell’oscurità progressivamente più totale, mentre i protagonisti si trovano a dover fronteggiare i propri demoni, con il buio circostante che finisce col diventare un riflesso delle loro ansie e paure. Così, per una volta, l’estetica del found footage (che prevede uno stile sporco e sregolato, disturbi, impossibilità per lo spettatore di vedere chiaramente cosa sta succedendo, riprese “amatoriali”) trova una sua reale utilità e riesce a dispiegare in maniera intelligente le sue potenzialità.

Non si tratta certo, ed è bene specificarlo, di un capolavoro. Necropolis ha degli evidenti problemi di sceneggiatura che lo rendono a tratti forzato e a volte quasi ridicolo, con il suo desiderio di mescolare forzatamente influenze alchemiche, echi danteschi e rimandi più o meno inopportuni ad altre credenze e mitologie. Eppure, tutto sommato, funziona. La capacità del regista di creare un ambiente credibile e oscuro, la possibilità di giocare in maniera convincente con l’ansia claustrofobica delle catacombe, le scenografie piuttosto minimaliste, conferiscono a tutto l’impianto visivo quella solidità di fondo che manca al reparto della scrittura. È certamente un peccato pensare che un film dalle così alte possibilità non le abbia sapute sfruttare sino in fondo, ma bisogna riconoscere che, in fin dei conti, il risultato raggiunto è più che apprezzabile per gli standard di un genere ormai alla berlina.

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