Per la nostra iniziativa “Barista del cuore” (QUI tutte le informazioni), questa volta siamo andati in uno dei luoghi più raccontati di Bergamo: via Pignolo. Più precisamente al civico 23, in quel corridoio un po’ più intimo che spesso i bergamaschi attraversano senza guardar bene. Qui c’è il bar Raggio di Sole, affacciato su piazzetta Santo Spirito e gestito dalla famiglia Galizzi. La madre, Monica Galizzi, è colei che ha avuto il coraggio di prendere il locale nel 2020, in pieno Covid, quando in molti chiudevano e nessuno si azzardava ad aprire.
«Era tutto fermo, tutto incerto – racconta la donna -. Però era l’occasione giusta, e l’ho colta. Non ero sola: c’erano i miei figli». Oggi, infatti, il bar lo portano avanti soprattutto i due gemelli, Gabriele e Leonardo Frullone, 21 anni, bergamaschi doc come la mamma. Quando Monica e i suoi figli sono subentrati, il locale era conosciuto come “La Barriera”, un vecchio nome rimasto nella memoria di tanti residenti. «Non portava molta fortuna», dice ridendo Monica. Lei l’ha cambiato subito: Raggio di Sole, dedicato ai suoi quattro figli. «Uno di loro purtroppo non c’è più, ma sono tutti la mia gioia più grande».

«È stata la scelta giusta»
I gemelli ricordano bene quei giorni del 2020: «Aprire quando tutto era chiuso? Una follia. Ma una follia bella». Mentre Bergamo arrancava, loro sistemavano tavoli, banco e pitturavano l’interno. «Sembrava assurdo riempire la via proprio mentre era deserta. Ma piano piano la gente è tornata. Prima timida, poi sempre più numerosa».
Via Pignolo era un semplice corridoio di passaggio. «Se ci fai caso, quando il bar è aperto la via cambia. Se fosse tutto spento sarebbe un’altra storia», dice Gabriele.
L’ampio dehors nella piazzetta ha dato una svolta all’attività. Anche se non è stata una “battaglia” facile: burocrazia, permessi e qualche residente infastidito. «Eppure senza quei tavolini la via tornerebbe grigia – spiega Monica -. Una volta un cliente ha detto che, se non ci fosse stato il posto libero, avrebbe portato il tavolo da casa pur di fare la serata da noi».
Un quartiere in una via
Il bello del Raggio di Sole è che sembra grande come un quartiere, anche se è solo un bar. Qui si incontrano studenti, lavoratori, residenti, gente di passaggio. E, soprattutto, le “signore dell’aperitivo”. «Sono un gruppo affiatatissimo – raccontano i gemelli -. Arrivano, chiedono il loro spritz e si siedono tutte con nostra mamma. Sempre allo stesso tavolo». Monica ride e conferma: «Io non lavoro molto quando ci sono loro… Diciamo che tengo compagnia!».
Insomma, questo pezzo di via, che molti bergamaschi prima attraversavano forse senza pensarci troppo, ha trovato un nuovo ritmo. Ma non mancano gli ostacoli. Via Pignolo è bella, ma non sempre semplice. E chi la vive davvero lo sa. «A volte ci sono situazioni un po’ complicate – racconta Monica -. Senzatetto, gente che si rifugia sotto i portici o chi entra a fare un po’ di casino. Una volta un ragazzo è entrato a rubare le mance. Non è sempre facile. A volte ti trovi a fare un po’ la guardiana. Ma il bar ha anche una funzione sociale: tenere viva la via, tenerla accesa, sicura. Se qui fosse tutto spento sarebbe più pericoloso. Invece noi siamo un presidio, teniamo lontane le zone d’ombra. E questo, ai residenti, fa piacere e fa comodo».
Un bancone… di famiglia
Gestire un bar in famiglia ha i suoi pro e i suoi contro. «Il bello è che non c’è un capo – dice Gabriele -. E il brutto… è che non c’è un capo». Ride anche Monica: «Questi due – dice indicando i figli – credono sempre di saperne più di me. Ma va bene così. Io ora ho un po’ più di libertà: vengo, vado, li guardo crescere». E crescere, in effetti, è proprio quello che è successo ai gemelli con il locale. Quando hanno aperto, racconta Monica, «stavano sempre tra di loro. Parlavano solo tra di loro. Erano incollati».
Il lavoro li ha “staccati” piano piano, permettendo a ognuno di scoprire la propria strada. Leonardo è diventato quello più pratico, più “di retro”: si occupa degli aperitivi, dell’organizzazione, dei conti. E infatti studia Economia aziendale all’università, terzo anno. Gabriele, invece, ha scoperto di essere portato per la relazione. È lui che parla con i clienti, che si muove tra i tavoli, che si crea il suo giro di signore e habitué: «All’inizio ero molto timido – ammette -. Poi il bar mi ha sbloccato. Adesso stare con la gente mi piace un sacco».
Ma come dovrebbe essere il barista perfetto? «Secondo me, un buon barista dovrebbe essere sempre un po’ allegro, anche quando non è la sua giornata. Devi tenere su gli altri». E in un posto che si chiama Raggio di Sole non puoi che trovare sorrisi e ottimismo.