Gli Usa fuori dal tunnel

Un bergamasco a Boston: «Ho visto la guerra dei marines al Covid: che spettacolo!»

«In agosto avevo lasciato un'America sfiduciata, l'ho ritrovata più forte che mai. In venti minuti vengono vaccinate migliaia di persone»

Un bergamasco a Boston: «Ho visto la guerra dei marines al Covid: che spettacolo!»
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di Francesco Bosio

Ho lasciato gli Stati Uniti - il Paese dove lavoro - lo scorso agosto, in parte per la possibilità di operare a distanza e in parte per le crisi (sanitarie, economiche, sociali, identitarie) che stavano affliggendo il morale del Paese. Sapevo che probabilmente non sarebbe stato possibile tornare lì nel giro di breve tempo, e che l’Italia non se la stava passando tanto meglio, ma almeno qui è casa mia.

Sono tornato negli Stati Uniti due settimane fa, a fine marzo, dopo (cosa per nulla scontata) aver ottenuto un visto ed essere stato dichiarato un’eccezione di interesse nazionale - l’unico modo per entrare negli Usa al momento senza essere cittadino americano. L’America che avevo lasciato era un Paese traballante e insicuro; l’America che ho ritrovato è un Paese a fuoco. A fuoco nel senso “fotografico” di concentrato: il Paese sta vaccinando più di 3.1 milioni di persone al giorno, e lo sta facendo con un’organizzazione industriale e operativa che ne dimostra lo status di prima potenza mondiale, ancora una volta.

Nelle due settimane passate dal mio arrivo sono stato in grado di pre-registrarmi per un appuntamento, ottenerlo e avere giorno e data fissati per la prima dose del vaccino Pfizer. Che è impressionante, considerando che ho 32 anni, non ho comorbidità, e che non ho saltato nessuna fila. Ma nessun film di Hollywood mi aveva preparato a quello che avrei trovato sul luogo dell’appuntamento, un centro convegni nel cuore di Boston preso in gestione dai marines dell’esercito con un’organizzazione che farebbe invidia a un orologio svizzero.

Arrivato fuori dal centro qualche minuto prima rispetto all’orario del mio appuntamento sono rimasto perplesso nel vedere quanta gente stava entrando prima di me: è mai possibile che siano qui tutti per un vaccino - mi sono chiesto -, e se così fosse, quante ore mi toccherà passare in coda lì dentro?

Ecco come sono andate le cose poi: sono entrato nel centro congressi alle 12.21 e sono uscito alle 12.44: in quei 23 minuti sono stato identificato dai militari, registrato a un apposito banco, sono stato vaccinato da un marines dopo una breve anamnesi, ho atteso i 15 minuti post-iniezione e ho preso l’appuntamento per la seconda dose. A processo in corso mi sono seduto solo due volte: durante l’iniezione e nei 15 minuti di attesa post-iniezione. Per il resto, sono sempre stato in movimento senza fare un minuto di coda.

E la cosa impressionante non è nemmeno tanto questa, ma il fatto che tutte le persone entrate prima di me siano anche uscite prima di me, e che in quel centro congressi saremo stati presenti nello stesso quarto d’ora in cinque o seimila. E la stessa cosa valeva per il quarto d’ora prima, il quarto d’ora dopo e il quarto d’ora dopo ancora. Non avevo mai visto in azione l’esercito americano, e tantomeno avevo visto un’organizzazione di quel livello di efficienza operare su larga scala. Uno spettacolo che auguro a chiunque di vedere, seppur in più felici condizioni.

In tanti (me compreso) pensavano che la pandemia di coronavirus avrebbe dato agli Stati Uniti un colpo da cui non si sarebbero più ripresi. Numerosi commentatori l’anno scorso si riferivano alla drammatica situazione del Paese come alla “Chernobyl americana”: un evento tragico sul piano umano e sociosanitario che, nel celebre caso dell’Unione Sovietica, ne aveva profeticamente anticipato la fine, resettando a zero il morale di leadership e cittadini.

L’America che ho ritrovato non è questa: è un Paese capace di incassare come nessun altro, di concentrarsi singolarmente su un problema - il suo, più che su quello degli altri -, di chiudersi a guscio per risolverlo e di farlo ancora una volta insieme, come una nazione o un organismo unitario. Come in ogni mitologia che si rispetti, i travagli della notte hanno senso solo alla luce del giorno che segue. E in fondo al tunnel, gli Stati Uniti una luce hanno iniziato a vederla. Non mi stupirebbe se alla fine di questa storia fossero ancora loro a tirare fuori anche noi.

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