I primi 25 anni dei Negrita in acustico ricordando Reset, «album della svolta»
Martedì 11 la band toscana dal vivo. Il chitarrista Drigo: «Siamo curiosi e voraci»
Avanti tutta per i Negrita nel loro giro dei teatri d’Italia. Le celebrazioni per i 25 anni di carriera di Pau e soci passano da Bergamo, martedì 11 febbraio, al Creberg Teatro. Biglietti disponibili sul circuito Ticketone: i prezzi vanno da 34,50 euro a 46 euro. “La Teatrale: Reset Celebration” – così si chiama la tournée - vede la band toscana alternare momenti acustici ed elettrici, con molti estratti da “Reset”, album campione di vendite che ha festeggiato i vent’anni nel 2019 e che per l'occasione è stato ristampato (per la prima volta anche in vinile). Il 31 gennaio, invece, sono uscite le versioni in vinile di altri tre grandi successi della band, ovvero l’esordio “Negrita”, datato 1994, “Radio Zombie” del 2001 e “L’uomo sogna di volare” del 2005.
«Come vi avevamo annunciato, non abbiamo alcuna intenzione di fermare i festeggiamenti – hanno scritto Paolo “Pau” Bruni, Cesare “Mac” Petricich ed Enrico “Drigo” Salvi -. Abbiamo ricaricato le batterie e siamo pronti per ripartire per un tour che, fino ad ora, avete trasformato in uno dei migliori della nostra carriera. Nel frattempo, anche “Reset” ha compiuto gli anni, quindi perché non approfittarne per rispolverare qualcosa che non suoniamo da un po’?». Ne abbiamo parlato con Drigo.
Ripercorriamo i presupposti con cui nacque "Reset", che rappresentò per voi una nuova stagione stilistica.
«Innanzitutto bisogna dire che il successo fu strettamente legato al film di Aldo, Giovanni e Giacomo, che ci scelsero per realizzare la colonna sonora di "Così e la vita", rimasto campione assoluto d'incassi per tantissimi anni: l'ha battuto solo Checco Zalone. Vero che quell'album era fortunato artisticamente di suo: conteneva canzoni nostre che ebbero un'eco incredibile. Copione alla mano, tra una take di “Mama Maè” e una di “Hollywood”, abbiamo composto una serie di tracce strumentali che sono diventate il valore aggiunto di uno dei maggiori successi cinematografici italiani di sempre».
Vi siete avvicinati per la prima volta all'elettronica, con quel disco.
«Il nostro pubblico se ne accorse subito: eravamo sempre stati un gruppo caratterizzato da un'estetica classica. Del resto alla fine degli anni novanta il vuoto lasciato dalle sonorità grunge provenienti da Seattle fu in qualche modo colmato dall’energia che usciva dalle casse dei club londinesi. Sui palchi si esibivano dj e formazioni che ora smuovevano gli animi grazie a campionatori e grooves. Artisti come Prodigy, Chemical Brothers e Fat Boy Slim, ma anche Radiohead, che da lì a breve sarebbero divenuti il nuovo modello da seguire. Era l’inizio di qualcosa di nuovo e non potevano rimanere indifferenti a quella ventata di freschezza. Sentivamo anche molto l'arrivare dell'anno 2000, che per la nostra generazione ha sempre rappresentato un traguardo simbolico»...