Una tradizione

Per i bergamaschi un concerto dei Pooh è una messa cantata, un rito da celebrare

Roby Facchinetti e soci mercoledì 27 suonano al Teatro Arena Fiera: ci sono ancora dei biglietti disponibili

Per i bergamaschi un concerto dei Pooh è una messa cantata, un rito da celebrare
Pubblicato:

Di Fabio Santini

I Pooh tornano a suonare a Bergamo. Saranno mercoledì 27 al Teatro Arena Fiera di via Lunga (ci sono ancora dei biglietti disponibili), con la loro messe di canzoni senza tempo a celebrare un rito: dar vita a un’ennesima performance fatta di suoni, luci, colori, sensazioni forti evocate dal retaggio della memoria, perché ognuno di noi lega a una loro canzone un ricordo di un amore, una fotografia di un episodio, un flashback ben definito della propria esistenza.

Per i bergamaschi quella dei Pooh è una messa cantata al cui richiamo è impossibile resistere. Loro, per la gente orobica, sono come lo struscio sul Sentierone, la partita dell’Atalanta, la coda gioiosa dei bimbi davanti al portone di Santa Lucia in attesa di lasciare la letterina in cui hanno segnato la lista dei giocattoli da ricevere.

Una vita fa, avevano pochi soldi e tanto entusiasmo, avevano la sfrontatezza della gioventù, la voglia di sfondare e tra un concerto e l’altro (pochi agli inizi), gli assilli delle cambiali, le auto sgangherate per girare l’Italia dei locali, stavano tutti a casa di Robi ad Astino. Erano cinque, tre di loro andavano a dormire nelle case vicine. «Si dormiva in una cascina - ricorda Dodi -nell’aia gli animali da fattoria. La mamma di Robi preparava polenta e latte e l’arrosto di coniglio. Per me Bergamo è questo, è una parte di me, è una materia che si muove nelle viscere». Un contadino aveva riattato il proprio cascinale e glielo concedeva come sala prove. Lì sono nati successi come “Noi due nel mondo e nell'anima” e “Pensiero” che ancora oggi incendiano le folle trascinandole in un coro collettivo di accompagnamento alle voci un po’ consumate dall’usura del tempo.

All’oratorio di Longuelo è nato l’album “Opera prima”. Con i primi guadagni, Robi aveva preso casa in via Dorotina a Mozzo. In camera, aveva piazzato un pianoforte. Valerio Negrini scriveva i testi delle canzoni, facendosi recapitare una pizza e una birra a domicilio perché, diceva, «andare in pizzeria toglie la concentrazione».

Diventati grandi, per anni hanno provato i loro trucchi da concerto in un capannone dalle parti di Zingonia. Nel frattempo Stefano faceva la spola tra Roma e la sua nuova casa di Lallio. Red ha vissuto ad Albegno. Lì si trovava bene: gli piaceva il rapporto schietto con la gente che non lo faceva sentire una popstar ma uno di loro. «Ho persino imparato un po’ di bergamasco…ma che fatica…». Forse anche per questo, Facchinetti dichiara orgoglioso: «In fondo, siamo tutti bergamaschi».

Seguici sui nostri canali