Le apparizioni del 1944

Gli ultimi testimoni delle Ghiaie: «La piccola Adelaide non mentì»

Gli ultimi testimoni delle Ghiaie: «La piccola Adelaide non mentì»
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«Tanti anni sono passati, tanti anni. Però quei fatti lì non li ha cancellati nessuno, nemmeno il tempo. Settantatré anni. Io allora dovevo compiere i diciassette, adesso ne ho novanta... l’Adelaide era sincera, lei la signora in bianco la vedeva davvero. Io lo so, la conoscevo bene, ero responsabile del gruppo beniamine dell’Azione Cattolica, all’oratorio femminile. Lei aveva sette anni, partecipava regolarmente. Poi il caso ha voluto che io venissi ad abitare qui, al Torchio, nella sua casa». Antonietta Chiesa parla seduta nel patio davanti alla cascinetta del Torchio, alle Ghiaie di Bonate Sopra, in un pomeriggio torrido di fine agosto. Lei è una degli ultimi testimoni di quei fatti prodigiosi del maggio 1944 che videro protagonista Adelaide Roncalli.

Le scale del casolare dove, nel 1944, avevano collocato nel mese di maggio 1944 un altarino con un quadretto della Madonna.
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Le scale del casolare dove, nel 1944, avevano collocato nel mese di maggio 1944 un altarino con un quadretto della Madonna.

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Adelaide il giorno della sua prima comunione, nel maggio 1944.

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Dice Antonietta: «La casa l’abbiamo tenuta come era... ci sono ancora i mattoni, le travi di legno... Allora ero giovane... c’era la guerra... eravamo tutti poveri, però i contadini qualcosa da mangiare ce l’avevano sempre. Adelaide era figlia di contadini, una famiglia numerosa, mi pare fossero otto figli. Era una bambina sveglia, in gamba. Allora io abitavo in paese, vicino alla chiesa, lavoravo al Linificio e Canapificio Nazionale. Quel giorno era la festa della Madonna di Fatima. La sorella, Annunciata, aveva strappato un foglio dal giornale Vita Femminile che era dell’Azione Cattolica: sul foglio c’era un’illustrazione della Madonna di Lourdes. Quel foglio lo conservo ancora io in casa. Annunciata disse alle bambine del cortile: “Anziché giocare, andate a prendere dei fiori per la Madonna che facciamo un bell’altarino”. Annunciata aveva incollato il foglio su un cartoncino ricavato da una scatola di scarpe e così aveva fatto un quadretto.

Le bambine partirono, erano Adelaide, Giulia, Severa e Bettina. Allora non c’era la strada, ma solo un sentiero. Loro si avviarono verso un cespuglio di sambuco fiorito che era a centocinquanta metri circa dalla cascinetta, vicino al bosco, a una siepe di alberi. Qui era tutto coltivato con granoturco, patate, fieno... Era il 13 maggio, nel tardo pomeriggio. Io non ero lì, ma me lo hanno raccontato subito, quella sera, la voce corse subito nel paese... Lei fece per prendere il fiore di sambuco e rimase paralizzata, come fulminata. Immobile. Le amiche la chiamavano, ma lei non sentiva. La scossero, ma lei non si mosse. Allora si spaventarono e corsero alla cascina del Torchio, gridando verso la mamma di Adelaide che si chiamava Anna, ma la chiamavano “Aneta”. Gridavano “Aneta, Aneta! l’Adelaide l’è morta!” e la mamma guardò le bambine e disse: “Come l’è morta?”. “L’è là, in pé, ma l’è morta!”. Allora Aneta disse: “Come fala a es morta se l'è là 'n pé?” e rideva perché pensava che le bambine facessero un gioco. Ma loro insistevano e allora Aneta lasciò la casa e andò verso la siepe del sambuco.

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Intanto Adelaide si era “risvegliata” e aveva cominciato a raccontare che aveva visto la “signora”. Le dissero di non dire cretinate e si arrabbiarono con lei, probabilmente le diedero anche due sberle. Allora era normalissimo. Era un sabato. Il giorno dopo era domenica e Adelaide come sempre venne all’oratorio femminile. Quando si avvicinarono le sei, cominciò a dire che doveva andare perché aveva un appuntamento con la Madonna. Io ero lì. Ricordo che le suore sorridevano, ma lei diceva che “Me go de ’n dà... manca mia tàt ai ses”. Il fatto è che Adelaide non conosceva ancora le ore, e non aveva un orologio. La madre superiora, suor Celestina, disse di lasciarla andare, lei partì di corsa, le andò dietro la dirigente di Azione Cattolica, arrivarono nel prato, al sambuco, e Adelaide si paralizzò di nuovo, andò in estasi. Parlava e ascoltava, ma nessuno di noi vedeva niente. Parlava soltanto in bergamasco. Disse che la signora le diceva “Scapa mia che me so la Madona”.

Al terzo giorno, al lunedì, alle sei del pomeriggio c’era già tanta gente e l’Adelaide dovevano proteggerla i suoi... Ricordo il nostro parroco, don Cesare Vitali, che le diceva “Mangia prima de ‘nda so... se no te edet i fantasmi” (“Mangia prima di andare giù, se no vedi i fantasmi”). Così le apparizioni continuarono, ma la Adelaide non era più libera, veniva portata via... Lei diceva che la Madonna diceva cose del tipo di pregare per i malati... Io mi ricordo in quei giorni delle persone malate che guarirono, mi ricordo in particolare una ragazza di Mandello Lario che da vent’anni era in carrozzina, venne alle Ghiaie e rimase per quattro giorni e poi tornò a casa in treno sulle sue gambe. Mi ricordo la folla. C’erano il medico, il parroco, i fascisti in camicia nera... la pungevano con gli aghi mentre lei era in estasi e lei non reagiva, non sentiva niente. Era in un altro mondo.

5 luglio 1944 don Cortesi, prof Cazzamalli, dott Maggi, suor Lutgarda, dopo la visita medica completa fatta ad Adelaide nel convento di Gandino
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Don Cortesi, prof Cazzamalli, dott Maggi, suor Lutgarda, dopo la visita medica completa fatta ad Adelaide nel convento di Gandino.

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Adelaide in collegio.

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Adelaide in collegio, con il papà in visita.

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Adelaide in collegio con don Cortesi.

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Adelaide in collegio con don Cortesi.

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Poi ricordo che la portarono in un convento dalle suore Orsoline di Gandino. Dicono che non venne trattata bene, che soffrì molto. Qualche anno fa è venuta qui una di quelle suore a chiedere scusa ad Adelaide per tutte le sofferenze che aveva sopportato nella loro casa. Ma Adelaide era veramente buona, non ha mai approfittato della sua notorietà, non ha messo in tasca una lira. È morta in un hospice di Milano, tre anni fa. Aveva mantenuto i rapporti con Bonate e le Ghiaie, veniva diverse volte, ma in silenzio. Abitava a Milano, era sposata con due figli. Il nostro parroco è andato diverse volte a Milano quando lei stava male. Ha voluto prendere la Comunione, ma non poteva deglutire e don Davide glielo aveva detto che era impossibile, ma lei ha insistito e allora don Davide gliene ha dato un pezzetto... lei ha detto che così era a posto, che poteva andarsene, ha piegato la testa ed è morta... vede, io la Madonna non l’ho vista, ma non si può capire se non si sono viste certe cose, se non si è conosciuto l’Adelaide. Io credo a quello che lei diceva, lei è sempre stata sincera, non ho dubbi»

Nunzio Ceresoli ha ottantasette anni, è sempre vissuto qui. In questo pomeriggio afoso è seduto sull’uscio di casa, in canottiera, per prendere un sospiro d’aria. Dice che non ha voglia di parlare di quei fatti, che si è già detto tutto, e anche troppo. Però poi dice: «È tutto vero, Adelaide è sempre stata una brava persona, non ha mai approfittato di niente. Lei era lì con le sue amiche, io avevo tredici anni e stavo qui nel cortile, io abitavo a fianco a lei, nella cascina che era del Linificio, poi il Linificio l’ha venduta e Adelaide è andata via, su in paese, io invece sono rimasto qui, non mi sono mai mosso. Morirò qui. Qui alle Ghiaie eravamo tutti comunisti, diversi da quelli di Bonate Sopra. La cucina era in comune nella cascinetta e io e Adelaide mangiavamo insieme tante volte, sento ancora la voce di mia madre che le diceva: “Te ghét fam Adelaide?”.

 

 

Quando è successo il fatto, io ero qui in cortile con i miei amici e giocavamo a “pimpinel” perché avevamo finito di lavorare. Mi ricordo bene le bambine che arrivavano di corsa gridando che Adelaide era “morta in piedi”, ma io non ci credevo, nessuna ci credeva, ma poi c’è stato il secondo giorno e poi il terzo, e tutta quella gente e Adelaide l’hanno presa i preti, la portavano via... Lei quando andava in estasi non si accorgeva più di nulla, c’erano le camice nere che sparavano in aria, ma lei restava immobile».

Anna Cesari è qui anche lei davanti all’uscio, in questa contrada delle Ghiaie, “I Gere”, che chiamavano il Torchio, “Ol Torc” in dialetto. Racconta che qui c’era il torchio per l’uva e che nella piccola cascina di fronte c’era il mulino con la ruota spinta dalla roggia. «Eravamo contadini, ma anche operai del Linificio e Canapificio Nazionale che era qui vicino. Mi ricordo bene, perché di anni ne ho tanti. La pungevano con la siringa, ma lei non sentiva, non usciva nemmeno il sangue. Vede quel ballatoio là? Adelaide la portavano lì e la facevano vedere alla gente, sotto c’erano centinaia di persone, forse migliaia. Una cosa incredibile».

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Nunzio dice di ricordare bene che Adelaide diceva di vedere “La Signora estìda de bianc longa”, cioè la signora alta, vestita di bianco. Dice che da quei giorni, la devozione non è mai venuta meno e tanti episodi particolari si sono verificati. «Anche ieri - dice. - Io dopo mangiato vado alla cappella a recitare il rosario, ero lì e ho visto una donna in ginocchio che abbracciava la cancellata dell’altare, piangeva e pregava e poi si è rivolta a me e mi ha detto: “Preghi anche lei per mia figlia”. Ci sono tante persone, tanta fede. Mi ricordo quelle notti in tempo di guerra, sentivo i pellegrini che venivano giù da Bonate e cantavano gli inni di chiesa. Adelaide disse una volta che la Germania avrebbe perso la guerra e che Hitler sarebbe morto, ricordo che i tedeschi si arrabbiarono e che volevano punirla... ma non fecero niente».

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