Il caso grave

Il video del furgone di Bossetti «Vergognoso uso della stampa»

Il video del furgone di Bossetti «Vergognoso uso della stampa»
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Dialogo tra l'avvocato Claudio Salvagni, difensore di Massimo Bossetti, e il colonnello Giampietro Lago, comandante del Ris. In tribunale si parla del video trasmesso dalle tv, con tanto di logo dei carabinieri, che documentava i ripetuti passaggi del Daily di Bossetti attorno alla palestra di Yara a cavallo dell'ora della scomparsa.

«Colonnello Lago, abbiamo visto questo video proiettato migliaia di volte. Perché adesso lei ci dice che solo uno di questi furgoni è stato effettivamente identificato come quello di Bossetti?».

«Perché dice questo, avvocato?»

«Perché, colonnello, sommare un fotogramma con il furgone di Bossetti con un altro fotogramma di un altro furgone è come sommare pere e banane!».

«Questo video è stato concordato con la procura a fronte di pressanti e numerose richieste di chiarimenti della circostanza che era emersa».

«Cosa vuol dire colonnello?»

«È stato fatto per esigenze di comunicazione. È stato dato alla stampa».

 

 

Avete capito bene. Il filmato non figura nel fascicolo del processo. Era solo uno spot televisivo contro Bossetti. Perché il Ris in realtà ha utilizzato solo pochi frame di quel filmato per identificare il suo furgone. In particolare quello della videocamera della ditta Polynt in via Caduti dell'Aeronautica, dove oltretutto Yara non sarebbe mai passata (secondo i cani molecolari sì, ma questa è un'altra storia). Partendo da quella immagine gli scienziati in divisa sono risaliti al passo del mezzo, stabilendo con certezza il modello. Poi hanno trovato una macchia di ruggine identica a quella presente sul veicolo del presunto assassino.

Ma, sorpresa, altre immagini in cui si vedono due fari sfrecciare nel buio, ripresi dalla pompa di benzina di via Locatelli, non sono state prese in considerazione perché non v'è certezza che si tratti proprio del mezzo del presunto killer. Peccato che quando il video uscì fu detta una cosa ben diversa ai giornalisti: ecco il Bossetti che passa ripetutamente attorno alla palestra. Deduzione implicita: stava cercando la sua preda. Invece ora salta fuori, come ha fatto notare per primo Luca Telese su Libero, che non era esattamente così. Telese dice che il video è un tarocco. Esagera, ma fino a un certo punto. Perché se nemmeno il Ris si fida di quelle immagini, come si fa a darle in pasto ai giornalisti? Un conto è essere sicuri che Bossetti orbita attorno alla palestra per un'ora e mostrarne tutti i passaggi, un altro è avvistarlo con certezza solo in via dei Caduti e in un paio di altre circostanze al massimo. E le altre immagini? Potrebbero ritrarre altri veicoli, nonostante il Ros (a differenza del Ris) sia convinto che sempre di quello del Bossetti si tratta.

 

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Il Gruppo Cronisti Lombardi non ha gradito la vicenda e non le ha mandate a dire al procuratore della Repubblica Francesco Dettori. Dopo aver ribadito che meglio sarebbe stato ammettere le telecamere in aula per documentare il processo ed evitare gialli come questo, il presidente Cesare Giuzzi rimarca: «In alcune riprese, per la verità, si vedono soltanto dei fari ma secondo gli inquirenti si trattava del mezzo dell’imputato. Scopriamo soltanto grazie alla testimonianza del comandante Lago che in realtà quelle riprese erano state in buona parte scartate dagli stessi investigatori perché inservibili».

E ancora: «Pensavamo che all'interno vi fossero gli elementi utilizzati dall'accusa per provare la colpevolezza dell'imputato. Scopriamo che molte di quelle immagini non sono state ritenute valide dagli stessi investigatori. Non c’è dubbio, a questo punto, che a giornali e televisioni, sia stato spacciato un video in parte fasullo. Crediamo di sapere per quale motivo, ma ci piacerebbe ascoltare la sua risposta». Nell'attesa, Giuzzi rincara la dose: «Vede egregio procuratore, forse qualcuno ha immaginato che la stampa sia un gregge ammaestrato, e purtroppo qualche volta ve ne abbiamo dato ragione. Ma a noi continua a risultare curioso che in questo Paese due istituzioni (la procura e l’arma dei carabinieri) considerino i giornalisti uno strumento per fare “pressione” a favore della propria tesi, propinando falsi all'opinione pubblica che non hanno alcun valore processuale, utilizzando la stampa in maniera strumentale. E, ci permettiamo, vergognosa». Parole forti, che ora esigono una replica dalla procura. Arriverà?

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